L'auto a noleggio
I fili ingarbugliati
delle lampadine ad intermittenza avevano preso cinque anni e undici
mesi di polvere in soffitta, in quel gennaio di cinque anni e undici
mesi fa avevo tolto le lampadine dall'albero per l'ultima volta, e
negli anni seguenti non avevo avuto tempo di pensare che in quel
tempo si sarebbero succedute – nonostante tutto – cinque notti di
natale. Era tutto uguale in casa, nulla era cambiato non mancava
quasi nulla tranne il natale, quello era scomparso, estinto,
prosciugatosi nella solitudine della mia camera da pranzo. Una volta
ero un artista, giravo l'Europa e ritornavo a natale per stare con
tutta la mia famiglia, adesso insegno a quattro passi da casa; il
fine settimana bevo fino a non ricordare più il mio indirizzo. Il sabato, quando finisco con la scuola, al suono dell'ultima campanella, mi
metto in tasca un foglietto con su scritto strada e numero civico di
casa, a fine serata, con le ultime forze che mi restano, allungo il
foglietto al tassista di turno che mi scarica davanti al portone. Mio
padre vive in campagna, mia madre se ne sta tranquilla in qualche
posto che ha il buon gusto di non rivelare a nessuno, i miei fratelli
hanno le loro villette delimitate dai fusti sottili del bambù. Una
volta gli scrivevo cartoline da Praga o da Amburgo, adesso nessuno di
noi crede sia necessario alzare il telefono per chiedersi come va.
Erano passati sei anni da
quando, la notte di natale, mia madre aveva detto a tutti che sarebbe
andata via, erano passati sei anni e da quella sera avevo smesso di
fumare, erano passati sei anni ed era il momento di provare a
districare i fili e a testare le lucine ad intermittenza. La serie di
lampadine era una di quelle vecchie, quelle in cui era possibile
sostituire quelle fulminate, me ne servivano cinque per aggiustare
il mio addobbo natalizio. Spesi una mattina intera girando a vuoto
tra le bancarelle di natale decisa a trovare ciò che mi mancava.
Alla fine, in una ferramenta piena zeppa di roba vecchia, trovai
quelle maledette lucine, erano le ultime ed ero decisa a comprale, ma
prima dovetti resistere al commesso che voleva a tutti i costi
rifilarmi una nuova serie di lampadine. Sono due settimane che non
bevo, quest'anno ho deciso di ricercare quel che resta del natale, ho
noleggiato un auto e sto andando fino in campagna, voglio staccare
mio padre dalla TV e portarlo a casa mia. Non cucinerò nulla, ho già
ordinato tutto ad un ristorante spagnolo, mangeremo carne e qualsiasi
cosa mangiano in Spagna il giorno di natale. Mangeremo e guarderemo
l'albero illuminato dalla vecchia serie di lampadine, poi darò a mio
padre un'agenda con la copertina in eco-pelle, non mi aspetto che lui
mi faccia un regalo, voglio solo che si stacchi da quella cazzo di
televisione. In strada la gente sembra impazzita, tutti corrono da
qualche parte, per un attimo provo ad immaginarmi dove, poi lascio
stare e continuo a guidare. Il paesaggio cambia in fretta, gli alberi
prendono il posto dei lampioni e tutta l'autostrada sembra circondata
da vacche che ruminano un erba carica di nebbia e polveri sottili.
Mio padre non mi ha detto che verrà, ma io voglio staccarlo da quel
cazzo di televisore, voglio portarlo in città, voglio che mangi con
me la roba spagnola che ho ordinato al ristorante vicino casa. Non
doveva portarsi nulla con se, un pigiama, un paio di mutande e la
pasta per la dentiera, doveva solo montare in macchina e conservare
un po di appetito per quella roba spagnola che ci aspettava. In
macchina non mi aspettavo di fare conversazione, viaggiavamo in
silenzio, lui guardava davanti con la mano sul bracciolo e io
guardavo la strada. Questo viaggio, da bambina, lo facevamo
all'inverso, venivamo in campagna a mangiare, venivamo in campagna
per stare con i nonni. Da bambina viaggiavamo tutti ammassati dietro
io, i miei fratelli, i nostri pacchi e la rabbia che nelle curve, dai
sedili davanti, sballonzolata a destra e sinistra per arrivare sino
al lunotto posteriore. Ad un certo punto mio padre mi disse che
voleva scendere, che stava male, non feci in tempo a mettermi in una
piazzola e lui stava già vomitando. Gli chiesi se aveva bisogno
d'aiuto, ma lui mi intimò di restare dove ero. Volevo fare l'artista
per non fare la vita dei miei genitori, oggi voglio solo che mio
padre smetta di vomitare, non voglio pensare a quanto sia stato
inutile fare l'artista. Mio padre continuava a vomitare, si era
appoggiato alla fiancata dell'auto che avevo preso a noleggio e
vomitava, erano quasi le nove, a quell'ora i ragazzi spagnoli avevano
già impacchettato la nostra cena, mio padre continuava a vomitare.
Mancavano ancora una trentina di chilometri, stavo osservando mio
padre vomitare chiusa nella mia auto a noleggio e scoprì che
qualcuno, prima di me, aveva lasciato un pacchetto di sigarette mezzo
pieno nel vano porta oggetti, ne fui felice, e senza pensarci inizia
a fumare nuovamente.
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