tag:blogger.com,1999:blog-36191239584269276312024-03-13T13:09:55.129+01:00chair kingwriter coliderVincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.comBlogger81125tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-29782966119503671232016-04-21T13:06:00.000+02:002016-04-21T18:18:44.773+02:00Una lettera elettronica a Francesco<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpTdnCK3gxw7CdexI_S9vrYvBYDzd1Ic2FEiq0EX7bQw3GC0A4YXbg8QII4EGMcmH4PX86PITinKhFUioY0_qZWq7m4HaAQIXrXmOeWORiMtcAh-gYXZGN5gNZKj_T9cZH6y71xTkcw9s/s1600/Schermata+2016-04-21+alle+12.55.46.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpTdnCK3gxw7CdexI_S9vrYvBYDzd1Ic2FEiq0EX7bQw3GC0A4YXbg8QII4EGMcmH4PX86PITinKhFUioY0_qZWq7m4HaAQIXrXmOeWORiMtcAh-gYXZGN5gNZKj_T9cZH6y71xTkcw9s/s640/Schermata+2016-04-21+alle+12.55.46.png" width="526" /></a></div>
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Ciao Francè in questo momento sto scrivendo un capitolo della tesi che parla del modo in cui funziona la nostalgia. A volte mi annoio e sopratutto la scrittura tecnica sembra come essere fine a se stessa e allora provo ad inventarmi qualcosa di diverso che poi non utilizzo per la tesi. Oggi ho provato a fare delle prove su alcuni ricordi nostalgici per capire in che modo un segmento di microstoria possa rientrare nella struttura di una storiografia più ampia. La memoria e in particolare quella nostalgica ha una serie di ricadute nella trasmissione storica. Solitamente la nostalgia è intesa come elemento negativo, si ha nostalgia di un tempo passato che, manco a farlo apposta, è sempre meglio di quello presente, un tempo in cui tutto andava bene e in cui - per motivi legati alla distanza e all'eliminazione dei piani temporali - la problematizzazione del vissuto e delle contingenze finisce per essere messa da parte. Ecco detto ciò vi sono, e non sono cose che ho inventato di sana pianta, ma che una studiosa di memory studies ha individuato, due tipologie di nostalgia. La prima è di tipo ristrutturativa e la seconda di tipo riflessiva. La prima è una nostalgia astorica e che è alla base di molti movimenti populistici e revisionistici. Per intenderci è la nostalgia dei "nostalgici di lui" (lui ovviamente è capoccione o baffone) un sentimento che ci fa credere che quando eravamo in quel tempo, un tempo che crediamo d'aver vissuto ma che in realtà non riusciamo a definire storicamente (per storicamente intendo mediante una ricostruzione storica fatta di analisi, spiegazione e racconto), tutto andava bene e che i treni arrivavano in orario e che la giustizia sociale era un dato certo e acquisito. L'altra invece, quella riflessiva, è una nostalgia che ci fa mettere in discussione il passato mediante una decostruzione del flusso della memoria. L'atto stesso di richiamare alla mente il ricordo – il vero procedimento di ricerca del materiale che vorremmo diventasse storico – non è finalizzato al rimpianto di qualcosa di perduto, ma è semplicemente la presa di coscienza che qualcosa di scomparso (il tempo passato è effettivamente passato e come ogni oggetto/soggetto storico non è presente ma evocabile solo mediante una ricerca dell'assenza) possa essere messo in discussione nuovamente. Per tornare a noi, per tornare a quello di cui parlavo in precedenza e per provare a capire come queste cose funzionano nella vita e nei modi di affrontare la vita delle persone che conosco meglio, mi sei venuto in mente tu. Credo che tu sia una persona che ha sempre pensato che l'atto del ricordo sia un atto riflessivo e non ristrutturante. Non sei come Peppe che invece rievoca e lo fa di continuo, i laghetti che una volta stavano sui regi lagni e gli animali che popolavano le campagne di Teverola come se negli anni settanta – gli anni in cui lui era un bambino – l'Indesit non esistesse e come se invece di ritrovarsi a fare la battitura dei fagioli su una delle bretelle sequestrate per camorra della Giugliano – Marcianise, lui i fagioli li andava a battere in un parco naturalistico che in realtà non è mai esistito. Ecco mentre scrivo forse dovrei scrivere anche a Peppe e dirgli che lui la nostalgia la usa in maniera ristrutturante, ma tu lo sai meglio di me, lui non ha nemmeno la posta elettronica e comunque è impossibile parlargli. Ma torniamo a noi, tu una volta, mentre eravamo alle elementari scrivesti un tema, mi ricordo che la maestra ci chiese di parlare di uno dei nostri familiari, o meglio, del familiare che consideravamo il nostro modello. Tu parlasti di Mimì e mi ricordo che concludesti il tema dicendo - scusa se la citazione non è proprio conforme all'originale, ma provo a citare a memoria: “lui mi piace è uno di quegli uomini che non dice mai 'ai mie tempi'”. Bhè io lo so che forse questo potrà suonarti un poco nostalgico, ma che vuoi farci, sembra quasi che a pensarle le cose poi uno po le diventa le cose che pensa. A presto. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLZMIDUSuWO4uMM2Iem-Co3C-bkU2H6hWxhoxpR0W7Bxmi-BsXpLbEYa6gLSiBoetn1gx9WcUZNntFT-KwXWOVXeh4Rh09ycZWi5LzxaoOaZt8YZhAr1FiB6qHjtuOyAMvv-vZlc1y8z8/s1600/Screen+Shot+2015-06-19+at+11.35.53.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLZMIDUSuWO4uMM2Iem-Co3C-bkU2H6hWxhoxpR0W7Bxmi-BsXpLbEYa6gLSiBoetn1gx9WcUZNntFT-KwXWOVXeh4Rh09ycZWi5LzxaoOaZt8YZhAr1FiB6qHjtuOyAMvv-vZlc1y8z8/s1600/Screen+Shot+2015-06-19+at+11.35.53.png" /></a></div>
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Quando ho iniziato ad usare i pantaloni con l’abbottonatura al posto della cerniera ero entusiasta. Pensavo fosse una sorta di passaggio alla maturità un rito di iniziazione con un forte connotato estetico in cui la complessità dell’operazione di chiudersi la patta aumentava esponenzialmente il piacere della propria corporalità in relazione alla banale semplicità offertami dalla cerniera lampo che avevo usato sino a quel punto. Io so che queste mie riflessioni sono, in un momento preciso della vita, passate nella testa di ogni essere umano ed è anche perché non credo che noi esseri umani dobbiamo essere accomunati da pensieri comuni, ma distrutti da contraddizioni laceranti che mi sono messo a pensare che forse in quel sistema di chiusura dei pantaloni si nascondeva qualcos’altro di un semplice rito iniziatico. Quando frequentavo una certa università ho avuto modo di iniziare me stesso all’uso degli orinatoi. Era un’attività alquanto nuova per me che avevo quasi esclusivamente vissuto in casa dei miei genitori in cui mi era severamente vietato pisciare stando in piedi e dove quindi ero costretto a sedermi per non schizzare di piscio la tazza e le piastrelle che rivestivano il nostro bagno nell’appartamento in affitto al quarto piano di un condominio degli anni ottanta. In ogni caso dicevo dell’università e di quanto l’uso degli orinatoi mi avesse dato una certa gioia, una forma di libertà e condivisione urbana della pisciata in cui alla necessità del pisciare si accavallavano a volte questioni di tipo sociali come la condivisione parziale della nudità. Io non avevo problemi, o meglio avevo imparato a non avere problemi e posso dire che era tanta la gioia per poter pisciare stando in piedi che quasi non ci pensavo che qualcuno potesse essere disturbato dal fatto che stessimo condividendo uno degli atti che solitamente siamo abituati a fare da soli. Ma comunque non è questo di cui volevo parlare, perché in realtà la questione che mi sta a cuore è un’altra. Quello di cui volevo discutere riguarda i bottoni dei pantaloni e il fatto che quei bottoni devono voler significare qualcosa. Ogni pantalone da uomo sprovvisto di cerniera ha solitamente quattro bottoni di chiusura, uno, il principale, serve a chiudere definitivamente la vita del pantalone e gli altri tre, solitamente di dimensioni ridotte rispetto al primo, sono disposti in asse verticale e servono a chiudere quella che ho già chiamato la patta con un’espressione regionale che secondo me è stata resa nota da un tipo di commedia cinematografica italiana lateralmente legata al neo-realismo. Mentre usavo gli orinatoi la domanda che mi facevo e che volevo fare a tutti quelli che usavano con me gli stessi orinatoi alla facoltà di biologia era se quei bottoni, i tre minori diciamo, funzionassero da apparato autonomo o se fossero sempre e comunque dipendenti dal bottone principale. Insomma una volta ho provato a chiedere a uno dei ragazzi del corso di chimica organica se lui quando pisciava si sbottonava tutti e quattro i bottoni o se utilizzava solo i tre posti nell’asse verticale di cui stavo parlando in precedenza. Io sono sempre stato un tipo alquanto normativo, una persona insomma che crede nella destinazione d’uso degli oggetti e quindi, avendo creduto sin dall’inizio che i tre bottoni posti in asse verticale, fossero stati posti in quella linea per agevolare una rapida e veloce pisciata, avevo sempre provato a fare un uso diciamo corretto di quei bottoni. Per un certo periodo, diciamo corrispondente all’inizio della mia indipendenza nell’acquisto di abiti e biancheria intima, anche in questo caso nel momento in cui mi ero agevolato dalla dittatura dei regali di natale di nonne e zie che mi riempivano di mutande dozzinali, avevo anche provato ad acquistare biancheria intima con apertura frontale. Aperture svariate, a banda diagonale sovrapposta per gli slippini oppure a micro bottoni, quatto e della stessa dimensione in questo caso, per i boxer. Aperture che erano a mio parere state pensate anche in quel caso, sempre volendo riflettere su di un ipotetica linea di pensiero funzionale, per agevolare il piscio. Quindi per un periodo ho provato a pisciare senza sbragarmi del tutto ma solo aprendo i bottoni chiamiamoli minori che se la mia riflessione non era stata del tutto erronea, dovevano essere stati posti in quella linea verticale proprio per agevolare e velocizzare le operazioni del piscio. Ma più di una volta la mia tendenza normativa e la mia fedeltà a quella che credevo fosse una semplice funzionalità di design, mi avevano fatto perdere tempo piuttosto che recuperarlo. Non di rado capitava che perdessi minuti e minuti nel aprire e chiudere la doppia fila di bottoni, quella del pantalone e quella dei boxer, altre volte, pur volendo escludere il bottone principale dall’operazione di apertura, questo si apriva di conseguenza, in ogni caso quello che accadeva era una necessità di tempo maggiore per un operazione che sicuramente non ne abbisognava più di un tot. Ecco allora che è da quel momento che vivo in una certa conflittualità perché se da un lato credo ciecamente nell’utilizzo ottimale delle funzioni degli oggetti dall’altro lato non sono uno a cui piace perder tempo. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDesE36E9fYPyt2smDEDhenRsYPsFXUoDazt7ptiUOO5W3l1MQ9dsvfyD2zxg1h_f15taPlpMOvUT872HvlfB8w3TKQ_41z7J0_aC7gaQmjHuKv8uFmvXkOgkbXJgnVacx0wyM_SNULMQ/s1600/Bildschirmfoto+2015-01-17+um+17.18.55.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDesE36E9fYPyt2smDEDhenRsYPsFXUoDazt7ptiUOO5W3l1MQ9dsvfyD2zxg1h_f15taPlpMOvUT872HvlfB8w3TKQ_41z7J0_aC7gaQmjHuKv8uFmvXkOgkbXJgnVacx0wyM_SNULMQ/s1600/Bildschirmfoto+2015-01-17+um+17.18.55.png" height="579" width="640" /></a></div>
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Si dicevano sempre addio, lo facevano ogniqualvolta si lasciavano. Lo facevano per gli incontri occasionali sulla strada verso il panettiere o mentre sostenevano di correre a comprare il latte e tutte quelle cose di cui dicevano di aver bisogno per sopravvivere. Si dicevano addio perché era il modo migliore per essere felici di ritrovarsi. Bene, si dicevano addio anche perché non potevano aspettare troppo prima di correre verso quello di cui avevano bisogno realmente, nè pane nè latte, ma loro si dicevano addio per ritrovarsi con la loro solitudine accompagnati dai loro bicchieri di vino. Si erano conosciuti dicendosi addio, guardandosi negli occhi per un istante, alla fermata del bus, e capendo che il modo migliore per celebrare quell'incontro e per augurarsi quel distacco fosse dirsi addio. Lui capitava spesso nei bar che lei frequentava ma mai nel momento in cui lei era presente, d'altronde lei usciva spesso dalle cantine in cui lui stava per entrare. Si mentivano, si erano sempre mentiti, e le rare volte che si erano fermati a parlare di loro si erano solo confessati delle cose che non erano accadute davvero. Lui diceva di amare le lunghe colazioni salate, lei di passare i sabato pomeriggio a leggere letteratura svedese. Alle persone dichiaravano di essere dei perseguitati politici, afflitti dal peso delle idee, la gente non credeva a una delle loro parole e immaginava che l'unica afflizione a cui quei due andavano in contro era quella di non potersi permettere una nuova boccia di vino. Lui e lei non bevevano mai insieme, ognuno per conto suo e tutti e due separatamente. Nella loro completa solitudine bevevano quanto più gli era possibile e quanto più le loro finanze potevano offrirgli. Come ho detto si mentivano su tutto, ma sopratutto si mentivano sul bere. Qualche volta lui, che tra i due era il più ingenuo, confessava parzialmente di aver bevuto un bicchiere e lei, che tra i due aveva capito meglio come funzionano le brutture della vita, replicava che erano quasi otto anni che non toccava un bicchiere. Lui e lei vivevano in case non molto distanti tra loro, agli amici dicevano di essere perfino innamorati, ma chi li conosceva sapeva bene che non si erano mai nemmeno accarezzati. Un giorno, non lontano dalle loro case, lui fu scaraventato fuori da un bar dove stava bevendo lo stesso bicchiere da più di due ore. Il proprietario del bar l'aveva visto contorcersi sulla sedia nel tentativo di tenere a freno quella sua lingua ruvida e torturata dal languore, l'aveva visto trattenere le lacrime difronte al liquido rosso che scemava davanti a sé. Stava provando a non bere aspettando che qualcuno nel bar iniziasse ad offrire del vino per celebrare un qualsivoglia evento a cui lui avrebbe senz'altro contribuito con i migliori auguri di cui era capace. Quella sera, in quel bar, nessuno sembrava aver bisogno di bere in compagnia, ognuno affondava la bocca nella celebrazione aspra e solitaria del bicchiere tenendosi alla larga da tutte quelle cose che possono entrare da per tutto ma di certo non nel foro circolare in cui cascavano i loro occhi. Lui bevve ciò che gli restava nel fondo del bicchiere precipitando gli occhi sull'asta che ne sorreggeva il collo e capitombolando per disperazione sul legno macchiato dalla cenere e dal fumo dei millenni. Quando si accorse di aver vuotato tutto quel che gli era rimasto, iniziò a supplicare il barista di dargli qualcosa da bere di fargli credito o di accettare in permuta quella che lui diceva essere una sciarpa in cashmere principe di Galles. Il barista era un uomo senza segreti e che conservava tutto ciò di cui si ricordava nella pancia. Negli anni aveva imparato diverse cose sui debiti. Sapeva che nessuno mai avrebbe pagato quelli da gioco e che nessun altro ancora avrebbe saldato i prestiti, ma sopratutto era certo che i debiti del bere erano quelli che scomparivano dalla memoria dei debitori come il vino dai loro bicchieri. Lui si ritrovò fuori dal bar macchiato di vino e con il volto insanguinato, lei per caso stava passeggiando con in mano il fiasco vuoto di un pomeriggio intero. Nell'istante in cui si videro negarono entrambi la possibilità d'aver bevuto, lei disse che gli sembrava di aver sentito qualcosa bruciare nel vialetto del suo giardino e di essersi precipitata a vuotare una bottiglia d'acqua su quello che temeva potesse diventare un grosso incendio. Lui disse che aveva a tal punto corretto i sui testi sulla guerriglia di strada da non essersi accorto dell'inchiostro che dalle dita gli era scivolato sul petto e sul colletto della camicia. Quella volta si dissero addio quasi immediatamente, le loro menzogne sembravano plausibili come sempre, ma entrambi sapevano che come tutte le menzogne anche le loro erano fragili e succubi del tempo. Quella storia andò avanti svariate altre volte, tra lui e lei nessuno ammise mai all'atro ciò che era chiaro ad entrambi, la gente continuò a chiamarli ipocriti e menzogneri, ma qualcuno, io ne sono certo, imparò ad apprezzarli e a capire che erano solo dei liberi poeti e non esclusivamente degli amanti superficiali. </div>
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Scheda anagrafica è una nuova sezione letteraria le blog. Attraverso
scheda anagrafica si censiranno una serie di persone e sarà data la
possibilità a chi ne avesse bisogno, di leggere la biografia letteraria
di alcuni personaggi la cui vita biologica è stata, per puro caso,
trasformata in un soggetto narrativo. </span></div>
<span style="font-size: x-small;">
</span>
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<span style="font-size: x-small;">
Come spesso accade in letteratura, il formato di scheda anagrafica nasce
da un errore, in questo caso dall'incapacità di Minio Gerato, addetto
all'ufficio anagrafe del comune di Sheltrasse in Sila, di
adempiere correttamente al suo lavoro. Mino, il cui compito era quello
di registrare nascite e decessi del piccolo paese della Sila, aveva una
strana forma di handicap psichico che non gli permetteva di leggere e
compilare moduli e schedari che richiedevano risposta secca. Mino si
ostinava a compilare le schede con lunghe descrizioni narrative che,
rilette oggi, hanno un sicuro interesse letterario. </span></div>
<span style="font-size: x-small;">
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Scheda anagrafica è quindi la trascrizione fedele del lavoro
dell'impiegato comunale Minio Gerato. Per motivi di chiarezza i testi
sono stati epurati da errori ortografici e da incongruenze lessicali e
si è provato ad accordare i tempi verbali.</span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span>
<span style="font-size: x-small;"><span style="font-size: small;">Floriano l'italiano</span> </span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<br />
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">Nella serra
di tulipani nel pozzo del grosso collettore da cui i floricoltori
prendono l'acqua per dare colore e profumo a quello che nasce dai
semi che sputano in maggio, è stato rinvenuto cadavere un uomo che
aveva con se dei documenti consumati dal tempo. Quest'uomo ha
grandezza importante, una testa piena di riccioli biondi e
un'espressione che, ad opinione dei becchini, non sembra quella del
morto, o meglio, che non sembra essergli appartenuta quando non era
morto. Gli uomini del cimitero che lo tengono in custodia nella sala
raffreddata, spesso gelata, dicono che hanno come la sensazione che
quest'uomo, che sostengono di non conoscere, abbia stampata sul volto
una faccia che non gli appartiene. Nella tasta sinistra dei suoi
pantaloni è stato trovato un foglietto su cui è stampato un nome e
un aggettivo: "Floriano l'italiano". Per questo motivo e in
mancanza di prove o di fogli riposti in altre tasche dell'unico
pantalone indossato dall'uomo, si è deciso, insieme agli uomini in
cimitero, di riferirsi all'uomo con il nome di Floriano l'italiano.
Dalla faccia i becchini deducono che questo Floriano sembra essere
stato un uomo dal temperamento mite e delicato, un uomo taciturno e
forse amante degli animali selvatici, di certo non un fumatore, ma
quasi sicuramente un collezionista di farfalle. La sua faccia è
fatta per lo più in una bella maniera, liscia, con alcune piccole
ferite sulla parte destra della fronte, per quanto riguarda il dubbio
sull'espressione ho parlato a lungo al telefono gli addetti
cimiteriali che mi hanno fornito una storia che di certo non posso
ritenere esaustiva, ma che allo stesso tempo non posso sottrarmi dal
trascrivere. I due becchini, amanti bevitori del vino in cartone,
sostengono che io debba accettare la loro opinioni perché, stando a
quanto dicono, non ci possono essere nell'intero paese degli esperti
in fisiognomica funebre al loro pari. La loro esperienza gli
deriverebbe dall'assiduità e dalla frequenza con cui i due uomini
fissano i volti dei morti che hanno in custodia. I due becchini
passano spesso del tempo a sostituire le lampadine fulminatesi per
l'umidità nella cella mortuaria e nel mentre non riescono a far
altro che fissare in volto i cadaveri che hanno in custodia. Uno di
loro, uno di questi impiegati comunali, dice d'aver la certezza che
gli uomini che trapassano, conservano come gelosamente qualcosa di
vivo nelle loro facce pallide e fredde. Questo qualcosa di personale
il becchino non sa come definirlo e, se gli viene chiesto di farlo,
adduce la valida motivazione di non essere un uomo di lettere. A
queste deboli motivazioni l'altro becchino non sa aggiungerne altre,
d'altronde, tra i due, quest'ultimo è quello che più fa uso del
vino in cartone. Io non posso, nel compilare questa scheda, che
attenermi alle opinioni di questi uomini che hanno visto il volto
defunto di quest'uomo rinvenuto non lontano dalla serra dei tulipani
e, non conoscendo ne avendo trovato notizie o immagini di quello che
abbiamo concordato chiamare Floriano l'italiano, posso solo
trascrivere che, stando a quanto si dice tra uomini definitisi
esperti, ogni uomo difronte all'incertezza di poter tenere con sé la
propria anima, non rimane che conservare almeno ciò che gli resta
della propria faccia. </span>
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<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-75721295303719936062014-07-10T14:37:00.001+02:002014-07-10T14:43:24.402+02:00Un pittore dilettante<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSayJcsGtQTP_OTKDPuVcZh9krDd3WXEapbWwogiym1TTHPBSpBqtWInTfUs8Y693OnjCIB6gMs_IXON6RjrPyC6JPIksjtSWdzaHePHOUQLjTfwTGSQ9yJzW_I3MLChZ7nQ846prz0sc/s1600/Boiler2-01.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSayJcsGtQTP_OTKDPuVcZh9krDd3WXEapbWwogiym1TTHPBSpBqtWInTfUs8Y693OnjCIB6gMs_IXON6RjrPyC6JPIksjtSWdzaHePHOUQLjTfwTGSQ9yJzW_I3MLChZ7nQ846prz0sc/s1600/Boiler2-01.png" height="640" width="442" /></a></div>
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<br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">«Non so di preciso come faccia a funzionare la memoria,
ovvero non so se vi siano delle componenti fisiologiche particolari
che ci permettono di ricordare una cosa piuttosto che un altra, fatto
sta che credo di possedere un ottima memoria!»</span><br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Quando
ho capito che l'articolazione del mio ginocchio destro era
cronicamente infiammata sono ricorso alle cure di un medico che, dopo
alcuni esami diagnostici, mi ha consigliato delle sedute da una
fisioterapista sua amica. Il primo giorno di trattamento ho
confessato alla fisioterapista che il suo studio, una stanzetta
completamente bianca illuminata da una lampada a soffitto schermata
da un pannello che ne diffondeva la luce, mi ricordava tantissimo la
sala dove l'odontoiatra mi aveva preso il calco della bocca per il
mio primo apparecchio ortodontico e che, mentre ero disteso sul suo lettino non riuscivo a dimenticare quella sensazione di soffocamento che provai all'ora, mentre l'odontoiatra mi ficcava in bocca 100 grammi buoni di gesso al gusto di menta. La fisioterapista mi chiese perché mai la sua lampada a soffitto mi ricordasse la mia prima macchinetta odontoiatrica e io gli spiegai quelle che erano le sensazioni che avevo provato da ragazzino, facendogli anche l'elenco dettagliato degli oggetti che c'erano nello studio del dentista. Gli descrissi in che modo le ombre della stanzetta in cui lei mi trattava il ginocchio mi avevano indotto a risvegliare la memoria del mio primo traumatico intervento odontoiatrico. La fisioterapista mi chiese che lavoro
facessi e le dissi che ero disoccupato e poi, mentre
passeggiavo sul suo tappetino in gomma piuma e lei mi osservava gambe
e piedi, iniziò a parlare con un tono di estrema professionalità
spiegandomi che quel mio ricordo era all'interno di una sacca di
memoria sensoriale visiva e che, all'interno della nostra mente,
possono esserci sia ricordi iconici che ricordi a persistenza visiva,
e che vi è inoltre, una memoria uditiva fatta come una specie di
registro sonoro e vocale ben distinto. Le sedute dalla fisioterapista
furono quattro in totale, iniziò col manipolarmi la coscia destra
poi passo al polpaccio e poi al piede e alla caviglia, ogni volta,
mentre sfregava ossessivamente su i muscoli intorpiditi, mi dava delle
piccoli lezioni di fisiologia sulla memoria sensoriale.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;">A volte la mia memoria mi crea dei piccoli problemi,
spesso le persone confondono le mia buone capacità mnemoniche con
stati appartenenti a sfere più intime e personali; la gente infatti,
crede che io sia particolarmente affezionato a loro solo perché
sono in grado di ricordare per lungo tempo la loro voce o i
lineamenti del loro volto. C'era per esempio un <i>pittore dilettante</i> che si
guadagna onestamente da vivere facendo l'impiegato di banca in una
filiale del Banco di Brescia, in passato, questo <i>pittore dilettante</i> aveva provato a
contattarmi, all'epoca lavoravo per una squallida galleria d'arte. Il <i>pittore dilettante</i> mi aveva proposto alcuni dei suoi lavori, io avevo sempre reindirizzato le sue richieste ai capi della galleria, qualche volta il <i>pittore dilettante</i> era anche passato a trovarci in galleria, io gli avevo lasciato anche il mio numero di telefono e lui mi aveva chiamato per chiedermi come era la situazione in galleria. Quel <i>pittore dilettante</i> era una persona comune, piena di cose comuni da dire e vestito come tutti con gli abiti presi in sconto da Coin. Da quei nostri contatti sporadici non era accaduto mai nulla di memorabile eppure la sua voce, leggermente nasale e il suo
accento ibrido, mi sono rimasti in testa. Ma a quel <i>pittore dilettante</i> è meglio non concedere troppe attenzioni, infatti, un lunedì
pomeriggio mentre uscivo di casa, ricevetti una chiamata al
cellulare. Sullo schermo vidi comparire un numero di telefono sconosciuto, il prefisso era quello dell'area urbana di Brescia, risposi al telefono
e mi accorsi che era il <i>pittore dilettante</i>. </span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;">«Ciao» disse una
voce nasale e dall'accento ibrido «ti ricordi di me?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">«Ciao»
risposi senza indugiare e con l'aria di uno che risponde alla
chiamata di un amico o di un conoscente con cui a volte beve un
caffe «mi ricordo di te.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;">«Ma allora ti
ricordi davvero di me?» disse la voce all'altro capo del telefono.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: small;">«Certo» feci io.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: small;">«Fantastico» fece lui come soddisfatto e, dopo il breve tempo che gli ci volle per riprendere fiato, iniziò a raccontarmi la parte della sua vita da <i>pittore dilettante </i>che non conoscevo e che mi ero perso in quei quattro anni in cui non ci eravamo ne sentiti ne visti. Io lo ascoltai per quasi cinque minuti senza interromperlo, ma ad un certo punto </span>capii
che il <i>pittore dilettante</i> stava fraintendendo la mia disponibilità ad ascoltarlo e che iniziasse a pensare che io fossi davvero interessato alle sue cose da <i>pittore dilettante</i> quindi, mentre lui continuava a parlare, io
cominciai a riflettere sul modo e sul momento più opportuno per
fugare quel malinteso, quel fraintendimento.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: small;">«... si capisco»
dissi ad un tratto, senza paura di interrompere l'elenco
alfanumerico delle mostre da hobbista, attaccando poi con ciò
che mi stava particolarmente a cuore «sai <i>pittore dilettante</i>, se mi ricordo di
te non è perché io ritenga il tuo lavoro particolarmente meritevole
o perché, in qualità di rappresentante di un ex istituzione
commerciale dedita alla vendita di opere d'arte – sai
nel frattempo non lavoro più in galleria – vi possano essere
prospettive lavorative e commerciali per la tua attività da <i>pittore dilettante</i>,
in realtà ricordo vividamente la tua voce e riconosco distintamente
la tua parlata dall'accento ibrido... ma continua pure, ti ascolto.»
</span>
</span></div>
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Il <i>pittore dilettante</i> bofonchiò
ancora qualche parola, ma nulla che avesse a che fare con la sua
attività di hobbista pittore, la comunicazione si interruppe e io
non ebbi più notizie dirette di quel <i>pittore dilettante</i>, ma ho saputo, attraverso un amico che lavora nel magazzino di un mobilificio di Rezzato, che quel <i>pittore dilettante </i>continua a dipingere e che ha organizzato delle mostre
di pittura all'interno di sei grossi negozi di arredamento sparsi
nell'entroterra delle provincie di Brescia, Mantova e Cremona. Di questa cosa, di questa che mi ha detto il mio amico che lavora a Rezzato, sono molto contento, lo sono perché almeno il <i>pittore dilettante</i> non si è dato all'alcol, ne ha iniziato a fracassare i vasi per strada, ne ha provato a urlare cose sconce alla fermata del bus, ne a scrivere frasi con vernice rossa sui muti, insomma nonostante quella mia confessione, credo che il <i>pittore dilettante</i> sia ancora contento e creda ancora di poter migliorare il mondo con il suo lavoro, o almeno le provincie di Brescia, Mantova e Cremona. </span></div>
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</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1pq6W4L1Ui3fP8RIAvZwinC9qXd1PCd3GjegVVzsHwY2S8dbsnTYFrUO8LUzKXXH4iRsbfTfGMspSEuJXHQqy8Rd4yEDMKYhbBsgYquVmkBttScU0HKmtjoHKJRxiwG58GATzc_AKdXE/s1600/batteriaiq-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1pq6W4L1Ui3fP8RIAvZwinC9qXd1PCd3GjegVVzsHwY2S8dbsnTYFrUO8LUzKXXH4iRsbfTfGMspSEuJXHQqy8Rd4yEDMKYhbBsgYquVmkBttScU0HKmtjoHKJRxiwG58GATzc_AKdXE/s1600/batteriaiq-01.jpg" height="640" width="529" /></a></div>
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La religione gli aveva fornito in anticipo le risposte a tutte le domande che non aveva rivolto direttamente a se stessa, l’aveva rinchiusa nei suoi sessantotto chilogrammi di carne e sudore, l’aveva avvolta di stracci di seconda mano e gli aveva imposto un mutismo che difficilmente riusciva a rompere. Quando aveva scelto l’università fuori dalla sua città, ad ospitarla c’era stato un convitto gestito da carmelitane e frequentato dalle pendolari dell’istruzione. C’era un frigorifero per piano, ogni frigorifero aveva i reparti divisi in otto sezioni, come otto erano le celle, in cui vi erano otto letti, con otto crocifissi in finto legno, dotate di otto interfoni per chiamare la portineria. In una sala al pianterreno c’era un televisore al tubo catodico che aveva annerito il muro bianco su cui scaricava da anni le sue radiazioni. Sul televisore c’era un crocefisso, c’era un crocefisso anche sul telefono, sul frigorifero, sul forno a microonde e sulla radio; in quell’ospizio il signore vegliava sulla presunzione dell’uomo di migliorare la vita con gli aggeggi attaccati alla corrente. I programmi alla tv li si potevano scegliere, bastava prenotarli con una settimana d’anticipo. Quella sera era il suo turno, aveva chiesto di guardare <i>Chi l’ha visto</i>, sapeva che anche suo padre e sua madre, a chilometri di distanza, stavano sprofondando nelle poltrone con lo sguardo attaccato allo schermo per sbirciare le sciagure altrui. Il portone del convitto si chiudeva alle undici di sera, ma quella sera qualcuno trascinò all’interno delle mura un trolley arancione con dieci minuti di ritardo rispetto all’orario di chiusura. Ad accompagnare la ritardataria c’era una piccola suora filippina. A quell’ora non c’era spazio per presentazioni e saluti, così la nuova ragazza scomparì su per le scale insieme alla sua accompagnatrice. Il programma alla tv era finito, quando la luce nella scatola si spense, lo sguardo di Rachele si posò sul crocefisso condannato al rogo delle radiazioni del televisore. Nel convitto c’era il silenzio delle notti passate a dormire, le lampadine a risparmio energetico restavano accese il tempo necessario per attraversare i corridoi, un timer che non temeva di sostituirsi a Dio, decideva il tempo della luce in quel budello piastrellato che odorava di disinfettante. Sulla scrivania di Rachele c’erano i libri fotocopiati per l’esame di chimica. Il primo cassetto della sua scrivania aveva un doppio fondo, nel vano nascosto vi era stipato un pacchetto di sigarette, una cima di Orange Bud e delle forbicine. Quando si accese lo spinello era da poco passata la mezzanotte, la luce in camera era spenta e la grossa testa rossa della sua torcia le illuminava parte del volto. Dalla finestra usciva un fumo denso che prima si compattava in nuvole grasse e che poi si perdeva immediatamente nella crudeltà dei fattori atmosferici esterni. Ogni volta che fumava da sola pensava all’amore. Non sapeva esattamente cosa fosse, ma era innamorata dell’amore. L’erba gli permetteva di mettere da parte le paure, si sentiva quasi felice, ma a volte troppo felice da diventare subito triste. Nella testa gli si arrampicavano i pensieri che solitamente lasciava sotto la montagna del suo mutismo, gli arrivavano alla bocca ed era in quei momenti che sentiva il sapore dolce delle cose. Quando il fumo scappò via dalla finestra Rachele chiuse gli occhi e si addormentò senza svestirsi per risvegliarsi dritta come sempre il giorno dopo nell’aula magna della sua università.<br />
<br />
Il professore era parzialmente accecato dal fascio di luce che il proiettore sparava verso lo schermo alle sue spalle, Rachele aveva riempito due pagine con numeri ordinati in colonne immaginarie. I suoi occhi facevano la spola tra il foglio di carta e il volto, illuminato per un sesto, del suo professore. In uno di questi intervalli si accorse che nel margine alto, a destra del suo quaderno, una scritta di color verde acido aveva interrotto l’ordine delle sue trascrizioni con un’inspiegabile: “vieni al fiume questo pomeriggio?” Gli occhi di Rachele si alzarono e trovarono il volto sorridente di una ragazza della sua età magra e senza seno. La rabbia per la scritta fuori luogo svanì quasi subito e non si accorse che quasi immediatamente dalla bocca gli uscirono le parole “Si, certamente”. </div>
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Letizia aveva dei capelli biondi che si contendevano con la superficie argentata del fiume gli ultimi riflessi del tardo pomeriggio. Era l’unica a parlare, parlava e ascoltava i mugugni di approvazione di Rachele, faceva domande a cui si dava da sola risposte cordiali, parlava e sorrideva tanto da compensare il volto indurito della sua compagna di passeggiata. In quel periodo di giugno gli insetti sembravano aver metabolizato il caldo della primavera e traevano forza dall’arrivo imminente dell’estate. Flotte di moscerini si schiantavano sulle facce delle due ragazze. Quando giunsero al bosco appena oltre l’ultima curva del fiume Letizia si sedette sul tronco collassato di un albero di cui non riconosceva il tipo. Rachele si sedette al suo fianco fissando ipnotizata il movimento veloce delle sue labbra che trasformavano l’aria afosa di quella giornata in parole veloci e senza sosta. Bevvero qualche birra, poi Rachele rollò una canna. Letizia sorrise e quando vide l’erba e si strofinò le mani come se fosse dinanzi ad una bistecca. Fumarono e si abbracciarono, poi iniziarono a ridere. Dagli occhi di entrambe scendevano lacrime di gioia. Le mandibole si muovevano tendendo, con tutta la forza di cui erano capaci, i muscoli della faccia verso le orecchie. Le mascelle, gli zigomi le tempie gli dolevano per le risate. Erano piegate in due sull’erba per non incontrarsi con gli sguardi. Dopo qualche minuto non riuscivano a controllare cosa gli stava accadendo, non capivano il motivo per cui non gli era possibile fermarsi, non erano più divertite, erano terrorizzate, entrambe impaurite di morire dalle risate. Letizia impallidì, la bocca gli si chiuse e lentamente cadde a terra con la faccia riversa nello scolo della birra che stringeva nella mano destra. Rachele smise in quell’istante di ridere, sentì la sua ultima risata tra il ronzare degli insetti e per un attimo ne fu felice. Letizia era a terrà, Rachele fece fatica a riconoscerla, poi corse verso il fiume ma, proprio mentre si abbassava per passare sotto ad un ramo basso, ebbe come l’impressione di non ricordare il motivo per cui stava correndo verso l’acqua. Si sedette e inizio a parlare con se stessa a farsi delle domande, sperava di capire, comprendere perché quel tardo pomeriggio i suoi sessantotto chilogrammi di carne e sudore si stavano affannando in una corsa verso il fiume. </div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-58243118782348474542014-03-14T16:47:00.001+01:002014-03-14T17:19:09.426+01:00La rivoluzione relativista (Urbino)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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C'era un professore all'università di Urbino che odiava Umberto Eco ed Enrico Ghezzi.<br />
Insegnava storia medievale.<br />
Era un prete.<br />
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Seguivo il suo corso perchè lo seguiva una ragazza che mi piaceva, non ho mai dato l'esame e quella ragazza credo di averla dimenticata in fretta. Ricordo che era il primo anno di università, ero felice di poter vomitare nell'ascensore del mio palazzo, convinto che i cani dei punkabbestia hanno tutto il senso d'orientamento che i loro padroni hanno tragicamente smarrito da qualche parte. <br />
D'inverno la nebbia faceva diventare Urbino una città fantastica. Risalivamo dal magistero e c'era un punto in cui non si vedeva nulla, ogni riferimento architettonico rinascimentale che avvelenava le cartoline stampate in quadricromia scompariva. Camminavamo sulla cresta di un monte e io facevo domande stupide sul tuo tatuaggio, il tuo feto stampato sul lato destro dell'inguine.<br />
Il professore veniva in aula con un cappotto nero da prete, parlava per qualche minuto della conversione di Clodoveo e trovava, in ogni fessura della storia, le raggioni buone per condannare il relativismo in cui Ghezzi ed Eco ci ci stavano spingendo. Noi non obbiettavamo, ma masticavamo tra i denti tutte le bestemmie che liberavamo sulla strada in salita.<br />
<br />
Mi hai detto che aspettavi un bambino mentre facevi ciao con la mano. <br />
<br />
A volte spero che nessuno si sia preso mai la briga di spiegare al professore che la guerra fredda è finita. A volte penso che quel tatuaggio era il tuo bambino. Dicevi che in Romagna la gente non sta a perdersi dietro alla poesia, che in Romagna i bambini nascono con le maniche tirate sù. Quando mi hai salutato per l'ultima volta ci conoscevamo da nove mesi ed io, con tutta la filosofia da poco che c'era nei miei ventanni, ti ho detto che con te un anno non poteva non essere storia, che la nostalgia l'avrei ratificata mensilmente. La nebbia s'era disfatta sotto al sole di marzo e io potevo vederti bene. Ridevi per la mia ingenuità. E potevo vedere bene il lato lungo del palazzo ducale, le pietre di quelle cartoline in quadricromia.<br />
<br />
Finche c'era il professore di storia medievale ad Urbino continuava ad esserci qualcosa da poter odiare, solo la morte poteva portarlo via, la sua rabbia non sarebbe morta con lui, la morte avrebbe potuto dove la pensione aveva fallito. Spero che nessuno ha avvertito il professore quando Eco e Ghezzi hanno annunciato in TV di aver perso la loro rivoluzione relativista. <div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-4432635540412656592013-12-24T10:14:00.001+01:002013-12-24T10:14:54.758+01:00Speciale di Natale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjh1MsX2BPxHJF9OaD7Jo6R-URGsljPhICHJMksQG39Q3w2my6ezmXnNnMurDTNZvhB-RWqOV1Qs2PYWch5PETo8jemm9aFIOFGZK9v8kN4bqeAwrWgRzz6IfURv1x4mzrPTg1OmgE4KuM/s1600/Natalr2013_1-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjh1MsX2BPxHJF9OaD7Jo6R-URGsljPhICHJMksQG39Q3w2my6ezmXnNnMurDTNZvhB-RWqOV1Qs2PYWch5PETo8jemm9aFIOFGZK9v8kN4bqeAwrWgRzz6IfURv1x4mzrPTg1OmgE4KuM/s640/Natalr2013_1-01.jpg" width="634" /></a></div>
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L'auto a noleggio</div>
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I fili ingarbugliati
delle lampadine ad intermittenza avevano preso cinque anni e undici
mesi di polvere in soffitta, in quel gennaio di cinque anni e undici
mesi fa avevo tolto le lampadine dall'albero per l'ultima volta, e
negli anni seguenti non avevo avuto tempo di pensare che in quel
tempo si sarebbero succedute – nonostante tutto – cinque notti di
natale. Era tutto uguale in casa, nulla era cambiato non mancava
quasi nulla tranne il natale, quello era scomparso, estinto,
prosciugatosi nella solitudine della mia camera da pranzo. Una volta
ero un artista, giravo l'Europa e ritornavo a natale per stare con
tutta la mia famiglia, adesso insegno a quattro passi da casa; il
fine settimana bevo fino a non ricordare più il mio indirizzo. Il sabato, quando finisco con la scuola, al suono dell'ultima campanella, mi
metto in tasca un foglietto con su scritto strada e numero civico di
casa, a fine serata, con le ultime forze che mi restano, allungo il
foglietto al tassista di turno che mi scarica davanti al portone. Mio
padre vive in campagna, mia madre se ne sta tranquilla in qualche
posto che ha il buon gusto di non rivelare a nessuno, i miei fratelli
hanno le loro villette delimitate dai fusti sottili del bambù. Una
volta gli scrivevo cartoline da Praga o da Amburgo, adesso nessuno di
noi crede sia necessario alzare il telefono per chiedersi come va.
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Erano passati sei anni da
quando, la notte di natale, mia madre aveva detto a tutti che sarebbe
andata via, erano passati sei anni e da quella sera avevo smesso di
fumare, erano passati sei anni ed era il momento di provare a
districare i fili e a testare le lucine ad intermittenza. La serie di
lampadine era una di quelle vecchie, quelle in cui era possibile
sostituire quelle fulminate, me ne servivano cinque per aggiustare
il mio addobbo natalizio. Spesi una mattina intera girando a vuoto
tra le bancarelle di natale decisa a trovare ciò che mi mancava.
Alla fine, in una ferramenta piena zeppa di roba vecchia, trovai
quelle maledette lucine, erano le ultime ed ero decisa a comprale, ma
prima dovetti resistere al commesso che voleva a tutti i costi
rifilarmi una nuova serie di lampadine. Sono due settimane che non
bevo, quest'anno ho deciso di ricercare quel che resta del natale, ho
noleggiato un auto e sto andando fino in campagna, voglio staccare
mio padre dalla TV e portarlo a casa mia. Non cucinerò nulla, ho già
ordinato tutto ad un ristorante spagnolo, mangeremo carne e qualsiasi
cosa mangiano in Spagna il giorno di natale. Mangeremo e guarderemo
l'albero illuminato dalla vecchia serie di lampadine, poi darò a mio
padre un'agenda con la copertina in eco-pelle, non mi aspetto che lui
mi faccia un regalo, voglio solo che si stacchi da quella cazzo di
televisione. In strada la gente sembra impazzita, tutti corrono da
qualche parte, per un attimo provo ad immaginarmi dove, poi lascio
stare e continuo a guidare. Il paesaggio cambia in fretta, gli alberi
prendono il posto dei lampioni e tutta l'autostrada sembra circondata
da vacche che ruminano un erba carica di nebbia e polveri sottili.
Mio padre non mi ha detto che verrà, ma io voglio staccarlo da quel
cazzo di televisore, voglio portarlo in città, voglio che mangi con
me la roba spagnola che ho ordinato al ristorante vicino casa. Non
doveva portarsi nulla con se, un pigiama, un paio di mutande e la
pasta per la dentiera, doveva solo montare in macchina e conservare
un po di appetito per quella roba spagnola che ci aspettava. In
macchina non mi aspettavo di fare conversazione, viaggiavamo in
silenzio, lui guardava davanti con la mano sul bracciolo e io
guardavo la strada. Questo viaggio, da bambina, lo facevamo
all'inverso, venivamo in campagna a mangiare, venivamo in campagna
per stare con i nonni. Da bambina viaggiavamo tutti ammassati dietro
io, i miei fratelli, i nostri pacchi e la rabbia che nelle curve, dai
sedili davanti, sballonzolata a destra e sinistra per arrivare sino
al lunotto posteriore. Ad un certo punto mio padre mi disse che
voleva scendere, che stava male, non feci in tempo a mettermi in una
piazzola e lui stava già vomitando. Gli chiesi se aveva bisogno
d'aiuto, ma lui mi intimò di restare dove ero. Volevo fare l'artista
per non fare la vita dei miei genitori, oggi voglio solo che mio
padre smetta di vomitare, non voglio pensare a quanto sia stato
inutile fare l'artista. Mio padre continuava a vomitare, si era
appoggiato alla fiancata dell'auto che avevo preso a noleggio e
vomitava, erano quasi le nove, a quell'ora i ragazzi spagnoli avevano
già impacchettato la nostra cena, mio padre continuava a vomitare.
Mancavano ancora una trentina di chilometri, stavo osservando mio
padre vomitare chiusa nella mia auto a noleggio e scoprì che
qualcuno, prima di me, aveva lasciato un pacchetto di sigarette mezzo
pieno nel vano porta oggetti, ne fui felice, e senza pensarci inizia
a fumare nuovamente. </div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-4188903703603936072013-12-21T10:43:00.000+01:002013-12-21T10:59:11.231+01:00Cambio al Binario #6 <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6PXYqWy7Ug9xkZhyQlv94Z9ZZqQ5fDXx-sd224i1Ph7uLthMelBTi5AIWExRzzmZAluenMP5qkJQRg7yRi-40LfyRscNBM-IkWhoyRYOa_caO2l6fDfxCy1hprSNiS8vnr21YeEo9KQM/s1600/asciugatore-01.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6PXYqWy7Ug9xkZhyQlv94Z9ZZqQ5fDXx-sd224i1Ph7uLthMelBTi5AIWExRzzmZAluenMP5qkJQRg7yRi-40LfyRscNBM-IkWhoyRYOa_caO2l6fDfxCy1hprSNiS8vnr21YeEo9KQM/s640/asciugatore-01.png" width="387" /></a></div>
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<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
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<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: xx-small; line-height: 20.796875px;"><br /></span>
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: xx-small; line-height: 20.796875px;">Cambio al Binario #6</span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;"><br /></span></span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: xx-small;"><span style="line-height: 20.796875px;">Cambio al Binario è un appuntamento a scadenza irregolare dove due blog:</span><br style="line-height: 20.796875px;" /><span style="color: #cccccc; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><a href="http://wchair.blogspot.it/" target="_blank">Chair King</a><span style="line-height: 20.796875px;"><a href="http://wchair.blogspot.com/" style="color: #999999; text-decoration: none;" target="_blank"> </a>e </span><a href="http://michelerisi.blogspot.it/" target="_blank">Non Coprire</a></span><br style="line-height: 20.796875px;" /><span style="line-height: 20.796875px;">si danno il cambio su di un argomento comune</span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<span style="font-size: xx-small;">ecco il #6:</span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<div class="p1">
<span style="font-size: xx-small;">fatica</span></div>
</div>
<div>
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“lei è una che si veste con la roba
di Armani, ma senza le scritte sulla maglia”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“ma chi?”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“la Chiara dai, se io avessi i suoi
soldi mi comprerei i vestiti con le marche che si vedono, ma lei è
una che non gli piace, è brava”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“quando arriviamo?”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“alle undici e quarantacinque, lei è
una come te che studia poco, ma sa già tutto, quella camicia che
aveva ieri duecentosettanta euro costa, quella lilla”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“domani siamo a mangiare da mio
cugino, a mezzogiorno”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“la Chiara che personaggio,
assomiglia a te”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“pronto, ciao Luigi</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
è no sono in treno con la nipotina più
grande
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Venezia</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
tre giorni</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
no poi lunedì sono al centro,
mercoledì ci sono</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
martedì ti chiamo”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mi ero detto vado sul treno e scrivo
almeno tre facciate, ma non vien fuori niente, parlano tutti ad alta
voce, io sono più riservato, se mi telefonano parlo piano mi
vergogno.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Qua non salta fuori niente son dei
giorni che non salta fuori niente, niente a 360 gradi.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mi ero illuso che arrivati a una certa
età, tipo 35 anni, alla vita gli davi una spinta e via che andava,
invece niente, ti tocca sempre fare fatica, fatica a fare tutto.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non me ne rendevo neanche conto, ma
dentro di me, pian piano negli anni si era formata l'idea che dovevo
faticare fino a una certa età poi basta, tutto sarebbe filato in
automatico.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Perché quando guardo gli altri mi
sembrano tutti così bravi, filano via nella vita così bene, si sono
ambientati loro. Io faccio una fatica, speriamo che fra un po' mi
ambiento anch'io, per ora mi sento a credito con la vita. Lei la vita
mi deve qualcosa. Su cosa non mi sbilancio, prendo quel che viene.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“una volta è entrato in classe,
andavano le nike silver portate slacciate, ha tirato un calcio”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“e ha rotto un vetro?”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“si, gli è partita la scarpa e ha
rotto una finestra, è arrivato Rizzato il preside e gli ha chiesto i
soldi,</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
ma non l'hanno mai riparata”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“la ci sono degli ingegneri svedesi”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“e allora?”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“vuoi che ci andiamo io e te che non
sappiamo attaccare due stuzzicadenti”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“ma va la”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; font-size: 12.727272033691406px; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Michele Risi</span><br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; font-size: 12.727272033691406px; line-height: 20.795454025268555px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: xx-small;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; line-height: 20.796875px;">leggi il cambio su </span><a href="http://michelerisi.blogspot.it/" style="color: #999999; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; line-height: 20.796875px; text-decoration: none;">non coprire</a></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-54242761281323650352013-12-10T19:22:00.001+01:002013-12-10T19:22:36.233+01:00Luise
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJfET6H6XqOG5jXbuqpYBFDxAgyGKeUr_ABMfYm-DYoOyvvp-lXrgzR6vOwc29Ugs5_tgMuoR4cyjU7A7J4BWDgAV4CaDoCuDCkZNDl5QZTowmDfHYrxG-6OLMLJ_R5tqf2IikxrZd3lg/s1600/Schermata+2013-12-10+a+19.16.38.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="343" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJfET6H6XqOG5jXbuqpYBFDxAgyGKeUr_ABMfYm-DYoOyvvp-lXrgzR6vOwc29Ugs5_tgMuoR4cyjU7A7J4BWDgAV4CaDoCuDCkZNDl5QZTowmDfHYrxG-6OLMLJ_R5tqf2IikxrZd3lg/s400/Schermata+2013-12-10+a+19.16.38.png" width="400" /></a></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Se Luise sapesse, se ieri, mentre mi allungava quei due wurst di Brema avvolti nella pancetta, avesse saputo di quante volte io, dalla finestra di casa, l'avevo guardata andare su e giù tra il banco e i tavoli, di tutte quelle volte che avevo urlato da solo, che avevo disperato di arrivare al giorno seguente e di rivederla, puntuale come sempre, aprire la porta del suo locale, bhè credo che se avesse saputo tutto ciò e se sapesse tutto ciò, forse non avrebbe potuto servirmi quei due wurst avvolti nella pancetta e quella montagna di patatine e crauti in aceto. Luise non lo sa, ma lei, solo lei, è la persona che mi conosce meglio qui in Austria. Luise vive con suo marito ed entrambi accudiscono il loro cane, il marito, il signor marito di Luise, è il solo che porta a spasso il cane, Luise non lo fa, non ha tempo, non ne ha di tempo lei. Il cane di Luise è un cane semplice, se solo io fossi in grado di riconoscere i cani, ovvero le razze canine e tutto ciò che c'è da sapere sui cani, io sono sicuro che non mi costerebbe nessuno sforzo riconoscere il tipo di razza del cane di Luise. Il cane di Luise fa lunghe passeggiate in spazi ridotti, solitamente si muove tra Grillparzerstraße e Raimundstraße, a volte si spinge giù fino a Wienerstraße, ma quando lo fa solitamente è per una buona ragione, per andare al tabacchino o per comprare un pacchetto di tovagliolini da tavola. Luise non sa di essere la persona qui in Austria a sapere più cose sul mio conto, lei, la signora Luise, ignora di sapere e anche per ciò non ha problemi a non servirmi o a non avermi servito delle Schnietzel per cena, lei, la signora Luise serve Schnietzel solo a pranzo e tiene chiusa la cucina dopo le 13:00. Io non so nulla della signora Luise, o meglio non so nulla che non possa sapere osservandola mentre muove la testa avanti e indietro nello spazio del suo locale, o sfregare le sue gambe nel piumino color senape che le arriva alle caviglie o trascinare il carrellino della spesa colmo di patate e olio per la frittura. Della signora Luise posso dire che è titolare o gestrice di una trattoria, una Gasthaus è così che la chiamano qui in Austria la trattoria, che ha un marito, o almeno un uomo con cui sembra essere in confidenza, che entrambi si prendono cura di un cane, che posseggono una CREISLER color petrolio, che si alza presto la mattina, che lava i capelli una sola volta alla settimana, che tinge i capelli, che lava una sola volta alla settimana, con una colorazione dai toni violacei simil prugna, che lascia che una ragazza magra e dall'aspetto attraente lavori per qualche ora al suo posto durante il primo pomeriggio nei giorni di martedì e mercoledì, che tiene chiuso il suo locale il venerdì, che il sabato e la domenica, invece, il locale è aperto solo a pranzo, che possiede ben cinque lavagnette per Tagesangebote, che una di queste lavagnette è sponsorizzata dalla birra Grieskirchner, che per alcuni giorni del mese di novembre una delle lampadine delle lampade di uno dei tre tavoli, quello al centro, non ha funzionato, che ha messo le decorazioni di natale il giorno due di dicembre, che a volte compra quello che le manca al BILLA, che usa il tram da Goethekreuzung fino a Unionkreuzung, che suo marito, il marito della signora Luise ha la tendenza ad alzare il gomito e che spesso esce dal locale, durante il pomeriggio, alquanto ubriaco barcollando e accendendosi una sigaretta, che la millantata cucina della nonna (Oma in lingua tedesca) altro non è che la cucina della stessa Luise che credo non sia nonna né madre, che ogni mezzogiorno, di ogni giorno feriale, escluso il venerdì, una squadra di operai edili, composta da un quattro uomini maturi e da un giovane apprendista, mangiano al tavolo di sinistra, del suo locale, e che uno dei cinque - non saprei chi - beve sempre una seconda birra grande alla fine del pasto, che il locale è frequentato volentieri dai ciechi della vicina scuola per ciechi, che ogni mattina un anziano signore con difficoltà motorie arriva con la sua mercedes alle dieci o dieci e un quarto per bere qualche birra e fumare qualche sigaretta, che questo signore, che arriva per bere e per fumare all'interno del locale di Luise, avvolte viene accompagnato da una donna con un'auto diversa dalla mercedes e che quest'uomo è in qualche modo imparentato con Luise stessa o con il marito della stessa Luise. Ecco la signora Luise sa ogni cosa di me, le è bastato vedermi una volta, la volta di ieri, per sapere tutto di me, ma io sapevo che la signora Luise sapeva ogni cosa di me, come nessuno può sapere qui in Austria - una nazione diversa dalla mia - dove tutti mi conoscono appena e dove io stesso ho difficoltà a parlare correttamente la lingua tedesca che è la lingua che si parla qua in Austria, anche se con qualche variante dialettale che a volte spinge gli austriaci a chimera tedesco d'Austria o austriaco il tedesco che loro parlano comunemente. </div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-8859546785107411832013-10-03T21:34:00.000+02:002013-10-03T21:34:31.670+02:00Raccolta abiti usati<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfaAPWIirpNuKSi09UQHgGuQfCWSQ78xg3_94YajtSorllSPfh_VneAgH7I5gY2UT9s79vXMiRCIPtHF6jgb8EI6iJDIKTGY5JWtrxhWt8SQK_NxQVCBI29xLAG6_AjbAqOLCbWpOmk5o/s1600/Schermata+2013-10-03+a+10.37.25.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfaAPWIirpNuKSi09UQHgGuQfCWSQ78xg3_94YajtSorllSPfh_VneAgH7I5gY2UT9s79vXMiRCIPtHF6jgb8EI6iJDIKTGY5JWtrxhWt8SQK_NxQVCBI29xLAG6_AjbAqOLCbWpOmk5o/s1600/Schermata+2013-10-03+a+10.37.25.png" /></a></div>
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Frequentavo Melania da meno di sei mesi, stavamo bene insieme e nessuno dei due si sentiva in obbligo di chiedere se voleva passare del tempo con l'altro. Eravamo originari di posti diversi, ma abitavamo nella stessa città, Melania non amava parlare del suo passato e raccontavo abbastanza storie per entrambi. A novembre di quell'anno mio fratello cadde dal ponte levatoio su cui stava lavorando, si ruppe due costole e si incrinò una vertebra, mi disse che in ospedale era attaccato a dei fili che lo tiravano e lo tenevano dritto, decisi di andarlo a trovare. A casa nessuno sapeva di me e Melania, mio padre era fuori per lavoro, partito per un viaggio all'est, forse in Ungheria; mia madre era troppo occupata con le sue opere di misericordia per interessarsi d'altro. La sera prima di partire io e Melania c'eravamo detti che ci fidavamo l'uno dell'altro, avevamo fatto l'amore e lei aveva dormito a casa mia. Quando arrivai a casa dei miei genitori iniziò a piovere e fui costretto a rovistare tra le mie cose vecchie per trovare qualsiasi indumento pesante abbastanza per non prendermi un accidenti. In soffitta era scomparso quasi tutto, c'erano sacchi con su scritto CARITAS, sembrava un centro di smistamento viveri della protezione civile. La mamma però aveva risparmiato ai poveri e ai diseredati l'umiliazione di indossare una mia vecchia giacchetta di velluto blu, così potei usarla e rendermi ridicolo come un venditore di enciclopedie. In ospedale mio fratello era in una camera con altri tre uomini ingessati e immobilizzati da qualche lato o a qualche cosa, fumavano in camera anche se era proibito, in quella stanza tutto puzzava di fumo di sigarette. Passai nel pomeriggio, durante l'orario di visite e trovai mio fratello immobile con la pancia ricoperta di carte da gioco e cenere. Luca mi disse che si annoiava e che la cosa peggiore era cagare in quella pala d'acciaio fredda e puzzolente, l'infermiere passava tre volte al giorno, se gli scappava bene, altrimenti non gli restava che stringere il culo e aspettare il giro successivo. Gli lasciai qualche pacchetto di sigarette, dei succhi di frutta e delle confezioni di noccioline salate. Dalle stanze usciva la voce confusa delle televisioni, gli ospiti si affrettavano a lasciare l'ospedale, la marcia rumorosa era regolata dall'incitamento degli infermieri di turno. Arrivato all'ascensore una mano mi strinse con delicatezza una spalla, era Lisa, la ragazza con cui avevo lavorato nel negozio di elettrodomestici l'estate prima di partire per l'università. Sembrava contenta di vedermi, mi chiese cosa stessi facendo e per quale motivo non l'avvertivo mai del mio ritorno, le dissi che avevo ricominciato a studiare, che avevo intenzione di laurearmi e che passavo poco tempo a casa e che quella volta ero lì solo perché mio fratello aveva avuto la sfiga di precipitare da sei metri d'altezza. Lisa era una ragazza simpatica, ai tempi del lavoro aveva un fidanzato stronzo che giocava a fare l'uomo impossibile, lei diceva di amarlo e non sprecava una pausa per raccontarmi tutto della sua storia d'amore, con noi lavorava anche Betti una ragazza con un naso arcuato come i ganci dei macellai. Quella sera in ospedale Lisa mi disse che la sua storia a distanza era finita, che Betti si era operata al naso e che al negozio di elettrodomestici qualcuno parlava ancora male di me. L'accompagnai al parcheggio, io ero in metro, lei mi offrì un passaggio che rifiutai ma poi, quando mi chiese se avevo voglia di bere qualcosa con lei e con Betty, quella sera stessa, le dissi di si, così salimmo entrambi sulla sua macchina e andammo in un bar al centro commerciale dove Betty, il suo nuovo naso e il suo vecchio fidanzato ci stavano aspettando ad un tavolino per quattro. Betty stava davvero bene, la sua faccia sembrava completamente diversa rispetto al ricordo che ne avevo, era raggiante, sorrideva tantissimo e la prima cosa che mi disse quando mi vide fu che stavo benissimo con quella giacca di velluto. Le dissi che odiavo quella giacchetta, ma che se lei la trovava carina forse poi non era tanto male. La serata trascorse in maniera tranquilla, Lisa e il fidanzato di Betty, un tipo di cui non ricordo il nome, a volte si estraniavano dal discorso, a parlare era quasi sempre Betty, mi faceva domande su qualsiasi cosa e io le rispondevo inventandomi storie inverosimili. Quando decidemmo di andare via Lisa si offrì di riaccompagnarmi a casa, ci salutammo e quando Betty si alzò in piedi notai che oltre alla sua faccia mi ero dimenticato anche delle sue belle tette. In macchina Lisa mi disse che da quando Betty si era fatta rimettere a posto il naso era cambiata, disse che sembrava una cagnetta con il culo per aria, mi disse che tradiva il suo ragazzo e che trovava tutto ciò orribile. Pensai che era solo invidiosa, quando mi chiese se io avevo qualcuno di speciale, io gli risposi me stesso senza fare cenno alcuno a Melania. Quando arrivammo a casa ci promettemmo vagamente di tenerci in contatto, poi corsi in bagno guardai la giacchetta e composi il numero di Betty. </div>
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<div class="p2" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-54629185108990094942013-08-09T13:01:00.001+02:002013-08-09T13:01:36.660+02:00Summer Guest (Libera incoerenza)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwcH9LxhVvj8Zz68sbQ0r9QuOJHgAU3AVT9HTFEvuVVgAbTM8R74kr93j_SXftJM8F3K02oJZKucNit-P0_6FQqHEqYZhuIz2aamtZ2xUfq2aRT7wgzdYFsvbvb_DT1_YEwJCIu8gt94U/s1600/16mm_proiettore-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwcH9LxhVvj8Zz68sbQ0r9QuOJHgAU3AVT9HTFEvuVVgAbTM8R74kr93j_SXftJM8F3K02oJZKucNit-P0_6FQqHEqYZhuIz2aamtZ2xUfq2aRT7wgzdYFsvbvb_DT1_YEwJCIu8gt94U/s400/16mm_proiettore-01.jpg" width="390" /></a></div>
<div class="p1">
<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
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<br /></div>
<div class="p1">
<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
<div class="p1">
<span style="font-size: x-small;">Un ospite estivo non è prerogativa esclusiva delle località balneari, anche in città succede che quasi senza chiederlo arrivi qualcuno a trovarti</span></div>
<div class="p1">
<br /></div>
<div class="p1">
<br /></div>
<div class="p1">
Libera incoerenza</div>
<div class="p1">
<br /></div>
<div class="p1">
alle 3.40 di notte squilla il cellulare di un fornaio al lavoro. la bottega è l’unica illuminata nella via.</div>
<div class="p1">
continua a squillare.</div>
<div class="p1">
è un altro fornaio di certo. chi sennò?</div>
<div class="p1">
la famiglia dorme serena nella casa al mare affittata per agosto.</div>
<div class="p1">
mi trattengo fuori dalla porta lasciata aperta per far entrare il fresco. vengo perciò a scoprire che i vecchi fornai del centro hanno una rete di solidarietà in estate: nel mese abbandonato dai clienti privati, approfittare delle fatiche estive dei concorrenti sarebbe facile per accaparrarsi i clienti più grandi ed esigenti (alberghi, ristoranti …). allora si chiamano e fissano un orario comune per iniziare ad infornare. così che il pane per le grandi consegne esca tutto più o meno allo stesso orario.</div>
<div class="p1">
sorrido di quella ingenuità: quanti fornai ci saranno in periferia? quanti avranno dimensioni tali da non essere raggiungibili? quanti non raggiunti da questa rete?</div>
<br />
<div class="p1">
la libera concorrenza non è del vecchio mo(n)do.</div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-15332806211123275002013-07-18T09:00:00.000+02:002013-07-19T15:36:27.999+02:00Scheda Anagrafica #1<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9siRIXsydl89nYxJZMQ_MBTkPit3-AN61adQw6nviyOVnf4Z60_9J2GZTKvJqfZIXLry6rrVOzvKM6QQ_lD5RjA-CLDmQIcPrXiV_zbn_WZ-wQMoREFQqX26jKFksLG7C4P0yvx1gT-c/s1600/macchinetta_caffe-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9siRIXsydl89nYxJZMQ_MBTkPit3-AN61adQw6nviyOVnf4Z60_9J2GZTKvJqfZIXLry6rrVOzvKM6QQ_lD5RjA-CLDmQIcPrXiV_zbn_WZ-wQMoREFQqX26jKFksLG7C4P0yvx1gT-c/s640/macchinetta_caffe-01.jpg" width="513" /></a></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.795454025268555px; text-align: justify;">
<span style="font-size: xx-small;">Scheda anagrafica è una nuova sezione letteraria del blog. Attraverso scheda anagrafica si censiranno una serie di persone e sarà data la possibilità a chi ne avesse bisogno, di leggere la biografia letteraria di alcuni personaggi la cui vita biologica è stata, per puro caso, trasformata in un soggetto narrativo. </span><span style="font-size: xx-small; line-height: 20.795454025268555px;">Come spesso accade in letteratura, il formato di scheda anagrafica nasce da un errore, in questo caso dall'incapacità di Minio Gerato, addetto all'ufficio anagrafe del comune di Sheltrasse in Sila, di adempiere correttamente al suo lavoro. Mino, il cui compito era quello di registrare nascite e decessi del piccolo paese della Sila, aveva una strana forma di handicap psichico che non gli permetteva di leggere e compilare moduli e schedari che richiedevano risposta secca. Mino si ostinava a compilare le schede con lunghe descrizioni narrative che, rilette oggi, hanno un sicuro interesse letterario. </span><span style="font-size: xx-small; line-height: 20.795454025268555px;">Scheda anagrafica è quindi la trascrizione fedele del lavoro dell'impiegato comunale Minio Gerato. Per motivi di chiarezza i testi sono stati epurati da errori ortografici e da incongruenze lessicali e si è provato ad accordare i tempi verbali.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
La reliquia della santa</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
L'intervento a me richiesto da un ragazzotto alto quanto basta e completamente cotto dal sole su faccia, braccia e collo, dovrebbe, stando a quello che credo sia il protocollo in questo caso, spettare a qualcuno afferente all'archivio ecclesiale della diocesi/arcidiocesi di Munro. Nel nostro comune le doti dei santi si trovano incolonnate su quelle tavole di legno dipinte in modo da apparire ai più come lastre di marmo. Gli artigiani ingannano la mente di chi li crede abili scalpellini per mezzo dell'illusione della pittura. Tavole dalle venature grigie, azzurre e rosate distese su bianchi cerulei di minio e ossido di zinco che senza troppa fatica ingannano l'occhio pigro del fedele immediatamente assorto nella contemplazione della grandezza del santo. Quelle tavole dipinte non appaiono dissimili per qualità e forma alle stesse rocce su cui sono incisi i nomi di dignitari e imperatori di Roma. Questi uomini, questi abili truffatori, non si vedono costretti a scolpire a fatica nel duro della pietra i nomi, gli aggettivi, gli appellativi e tutte quelle qualità di quegli uomini noti agli uomini per le cose prodigiose che non sono comuni a tutti gli uomini. Nelle loro botteghe solcano con pace e con poco sforzo assi di fibra tenera, tavole profumate e lisce. Questi artigiani resistono al buio delle loro botteghe e ignorano l'umidità che dal fiume risale sino a <span class="s1">Sheltrasse in Sila, ignorano affanni e reumatismi non si curano dell'artrosi e stringono nelle mani strumenti anneriti dal tempo fumando sigarette senza filtro sino ad incenerirsi, con il </span>tabacco incandescente e scoppiettante,<span class="s1"> le nocche delle loro povere mani. Sono questi artigiani coloro i quali con i loro bulini o con gli scalpellini affilati, mettono in riga parole e numeri di encomio su tombe dipinte e belle che qui, tutti intorno, possono essere viste. Queste tenere lapidi offrono almeno per un attimo al visitatore la possibilità d'immaginare la grandezza del magnifico santo barrato da pietre marce. Della santa in questione, di una santa che ebbe a passare nella nostra cittadina in tempi recenti, si sa che si è meritata il titolo che porta grazie alle sue doti di salvatrice di quelle anime che agli occhi dei più sembravano perse. Si dice fosse in grado di sopportare il freddo e la puzza di case e baracche, parlare con donne e bambini. Donna di cui si preannunciava anche in vita la santità, santa che ascoltava gli irosi e sanava i dubbiosi. Non la si vedeva rallegrasi dei risultati ottenuti, aspirava al bene di tutti portando nel cuore la tristezza dell'utopia. Della santa si conserva un vasto corredo di reliquie, oggetti comuni che, pur non avendo nulla di santo nella loro banalità, divennero santi per </span><span class="s2">transustanziazione nell'attimo del</span><span class="s1">l'assunzione in cielo della donna. Unghie, capelli di colori diversi, scaglie di pelle, tessuti resistenti, tele finissime, lacci, cera di candele, grumi di sapone, denti, monete, fermagli, stringhe, molliche di pane, setole cascate da spazzolini, incrostazioni di sebo su manici e bastoni, bastone, polvere di magnesia, pastiglie, legacci, pelle di cotenna e tante altre cose di cui mi è stata detta l'esistenza, ma di cui non mi è stato elencato il nome. Il ragazzo con la sua faccia bruciata, la sua pelle rinsecchita e il suo collo striato come quello di un gallo è arrivato all'ufficio anagrafe richiedendomi di aggiornare le doti della santa e aggiungere una fiaschetta alla nota delle reliquie della stessa. Il ragazzo sostiene di essere un canoista di non aver mai faticato in vita sua se non con la pagaia e contro le rapide dei fiumi, dice di aver appreso tutto ciò che sa sulle onde d'acqua dolce dalla santa stessa. Il giovane sostiene che la santa fosse una esperta delle rapide, che domasse con destrezza ogni tipo di percorso, avversità e imprevisto. Nella fiaschetta vi è, a quanto detto dal giovane, un rigurgito acido della santa </span>riversato dalla stessa al suolo dopo aver ingerito grande quantità d'acqua e pericolo a bordo della canoa di legno; sopravvissuta a una serie innumerevoli di onde, avrebbe, secondo il racconto fattomi, espulso di getto ciò che restava della morte ficcandosi due dita in gola. Sostiene il giovane che l'atto dell'esser usciti incolumi dal fiume in quella circostanza e con quelle condizioni, non può essere ascrivibile alle sole doti - pur eccellenti - da canoista della santa e che tutto deve essere considerato un evento che lui, a mio parere con una certa superficialità, definisce miracoloso. Aggiunge inoltre il giovane che, nello stesso momento in cui la santa riversava liberamente al suolo i residui liquidi dello scampato pericolo sotto forma di rigurgito acido, egli stesso, illuminato e guidato da una forza - a cui non riesce a dare un nome - si è sentito in obbligo di raccogliere l'evidenza dell'accaduto nella sua fiaschetta personale. Detto ciò mi sento costretto a rimandare nelle mani di qualcun altro l'accertamento e l'individuazione - tra le molte doti della santa - di capacità nella pratica della canoa. Inoltre, dato per certo che la scienza - anche quella fenomenicamente banale - non rientra per nulla tra le mie conoscenze, chiedo a chi ne abbia competenza di analizzare il contenuto acido del flacone di cui il ragazzo resta unico custode. In qualità di impiegato dell'anagrafe posso solo sostenere che il bruno della pelle del giovane potrebbe essere ascrivibile ad una continua, duratura e passiva esposizione al sole, esposizione a cui sono soggetti tutti coloro che sono soliti usare la canoa canadese. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span class="s1"><br /></span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span class="s1">Minio Gerato</span></div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-47526890563806190972013-07-08T19:45:00.001+02:002013-07-08T19:45:37.398+02:00Indesit <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://encrypted-tbn2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRY_6ZAN2u3-En1JhMIILmlniXI5K9wGVh36tBtH7iwkucsqO2i" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="228" src="https://encrypted-tbn2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRY_6ZAN2u3-En1JhMIILmlniXI5K9wGVh36tBtH7iwkucsqO2i" width="640" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La storia del mio
frigorifero è indissolubilmente legata a quella della mia vita.
Entrambe, quella dell'elettrodomestico e quella biografica, sono
storie semplici senza picchi di pathos, potrebbero essere raccontate
da chiunque e di certo non meritano di essere scritte, raccontate,
conservate, tra le storie che forse un giorno contribuiranno alla
storia di questo paese. Queste sono parole di cui si può fare
tranquillamente a meno, ma se ho deciso di raccontarla è perché su
quanto sto per dire non c'è nulla da dire ed io per pigrizia
preferisco fare ciò che mi richiede sforzi sommari e non duraturi
piuttosto che articolate riflessioni della cui rinuncia non ci si
perdonerebbe. Rinunciare in questo momento alla lettura non sarebbe
un'atto delittuoso, una tragedia, ma piuttosto una scelta
condivisibile una scelta che chiunque (io stesso che sono l'oggetto a
cui si rinuncia) potrebbe comprendere e in maniera implicita
giustificare. Vi prego quindi di non giudicarmi se credete che sia
altrettanto inutile preannunciare l'inutilità stessa di ciò che si
sta per dire, preferisco farlo sin d'ora e fare ammenda nei confronti
di chi si aspetta di trovare in queste poche parole un briciolo di
senso.</div>
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<br />
</div>
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Il frigorifero <i>Combi
</i><span style="font-style: normal;">Indesit</span> era arrivato in
casa nel 1988. Il suo enorme vano congelatore mi faceva pensare alle
casette dell'<i>Edenlandia </i><span style="font-style: normal;">in
cui a otto anni sarei andato ad abitare volentieri. </span>Era
grande, grandissimo, qualcosa di tanto grosso da chiedersi “come ha
fatto a passare dalla porta?” Mio padre ci lavorava all'Indesit e
quel frigorifero l'aveva visto crescere e correre sulla catena (di
montaggio). I suoi racconti avevano qualcosa di creazionistico,
lasciavano trasparire la soddisfazione d'aver contribuito a
trasformare lamiere, plastica, poliolo e isocianato in qualcosa di
funzionante, di vivo. Ci parlava del <i>freon</i><span style="font-style: normal;">:</span>
nel frigorifero c'era il <i>freon</i><span style="font-style: normal;">,
il motore pomapava</span><i> freon </i><span style="font-style: normal;">nelle
serpentine</span><i> </i><span style="font-style: normal;">per
raffreddare il vano interno, il </span><i>freon</i><span style="font-style: normal;">
era un gas e come ogni gas non andava disperso nell'ambiente, il
</span><i>freon</i><span style="font-style: normal;"> era inodore, il
</span><i>freon</i><span style="font-style: normal;"> lo tenevano in
bombole più leggere delle nuvole. Sapeva tutto di quel frigorifero,
l'aveva seguito furtivamente con lo sguardo mentre passava sul nastro
metallico, per il resto si era affidato allo sguardo di tutta quella
gente che c'aveva messo mano sulla carcassa marrone del </span><i>Combi</i><span style="font-style: normal;">.
Una massa di gente che lo afferrava, lo girava, lo tirava e poi
ancora fili carrucole e braccia meccaniche, verricelli sospesi che
tenevano quel parallelepipedo a mezz'aria sopra le teste di tute blu
sparpagliate in gruppetti intorno a postazioni invisibili. Gli occhi
di mio padre erano gli occhi di tutti “Argo che tutto vede”.
Occhi che al collaudo immaginavano caselle sempre più difficili di
parole crociate, quattro verticale, caselle lasciate vuote e il
comodino la sera prima di andare a letto. Va lasciato a riposo
qualche ora prima di metterlo in funzione, il gas - il </span><i>freon
-</i><span style="font-style: normal;"> deve avere il tempo di
ritornare al suo posto, quelle ore le abbiamo passate ad osservare e
ad abituarci alla mole di quel colosso piombato in cucina. </span>
</div>
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<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-style: normal;">Certo
non era quello il momento di tirare conclusioni, di incrociare le
mani dietro al capo e di osservare la magnificenza del proprio
lavoro. Non lo era allora e non lo è adesso, perché dopo quel
frigorifero, mio padre ne ha seguiti altri, non tutti, ma buona parte
di quei trecento che giornalmente vedeva passare mentre correva in
bici tra una macchina e l'altra per fare il suo mestiere di
manutentore. Io non ho un parere al riguardo ma a chi me lo chiede
rispondo che le fabbriche sono disumane perché qualcosa fa sì che
queste fabbriche lasciano che in ogni uomo resti sempre accesa una
certa fiammella creazionista, gli operai si illudono di plasmare un
oggetto, di terminare qualcosa. Tutto va contro le regole di quel
carosello che nessun riuscirà mai a veder fermo. Non esiste il
prodotto finito, non esiste la fase completa e anche all'ultima donna
che imballa la carcassa del frigo con il polistirolo e chiude lo
scatolone con il nastro adesivo, non è concesso di essere
soddisfatta per aver compiuto quanto gli era stato assegnato. E'
disumano non concede all'uomo la possibilità di mettere sulle cose
la parola fine. Ecco allora che le teste vanno oltre i finestroni
sporchi di polvere da cui passa la poca luce naturale del giorno, la
gente sogna, nessuno può impedire a nessun altro di andare col culo
fuori dagli stabilimenti. Sullo schermo degli occhi aperti si
materializzano il nuovo pavimento di casa con piastrelle in cotto,
oppure il ciondolio dell'</span><i>arbre magic</i><span style="font-style: normal;">
nella FIAT 131 di colore grigio metallizzato. La vita finisce solo
fuori dal girotondo della catena ed è là fuori che passa il
macchinone lungo guidato dai becchini, vetri oscurati e motore
diesel, t'accompagna al camposanto. L'autista magari rallenta, guarda
il parcheggio della fabbrica dove una volta lavorava anche lui, è
semi vuoto, poi strappa via con violenza l'ultima boccata ad una
sigaretta oramai esausta e la scaraventa via, sull'asfalto
bucherellato che una volta era calpestato da migliaia di operai con
il naso all'ingiù.</span></div>
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<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm;">
Non
può essere negata la speranza di essere ascoltati, d'altronde pur
essendo questa una storia senza storia, un racconto di morti, è pur
vero che ai vivi, a quelli che restano, qualcosa va pur detto. Si
combatte sempre, in ogni istante per non lasciare che le storie dei
nostri elettrodomestici siano solo il racconto di cocomeri tenuti al
fresco, ecco quindi quello che so dell'ultimo sciopero. Il corteo, mi
hanno detto, è sfilato per le stesse strade dove di solito si
cammina in macchina; qualcuno ha fatto sapere ai giornalisti che non
lascerà che le cose finiscano così come chi dice di aver vinto ha
già scritto sugli stessi giornali. I ragazzi invecchiati con
contratti a tempo determinato fumano sigarette di contrabbando e
controllano le foto degli amici su facebook. Il corteo era davvero
poca cosa e tutti quegli occhi che una volta guardavano scorrere
l'adolescenza degli elettrodomestici adesso stavano ai margini ad
osservare imparziali. In paese tutti hanno lavorato, avuto a che
fare, salutato, passato, giocato, bestemmiato, intralciato, goduto,
pianto per l'Indesit, ma oggi il divano in pelle e il figlio nella
guardia di finanza sembrano essere un valido motivo per non
parteggiare con nessuno. Forse non parteggerebbero per se stessi
nemmeno gli stessi operai, disgregati e affranti, ridotti a poltiglia
e pronti a baciare mani cinte d'anelli per un nuovo impiego.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm;">
Il
sole inizia ad essere caldo e per le strade i cumuli d'immondizia
attirano i primi insetti affamati, le autorità locali incerottano
fasce tricolori la cui integrità non potrà, in nessun modo, essere
presa in prestito. Il vociare diventa sempre più confuso, i bambini
strillano e sbraitano senza argomentare in direzione degli stessi
padri che dovrebbero garantirgli un futuro. Le madri invece tengono i
loro ragazzi guinzaglio come cani, sperano che siano le ragnatele a
fermare le zanzare e sono sicure che prima o poi tutto andrà per il
verso giusto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm;">
All'ora
delle comunicazioni televisive erano già tutti pronti ad osservare
il profilo migliore, a sguainare parole come spade nazionali a
mettere un'altra voce nelle voci dell'ovvio.
</div>
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<br />
</div>
<br />
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il
frigorifero l'hanno sostituito con un affare più grande, cose da non
crederci, litri da riempire, lamiere sempre più grosse e difficili
da piegare. Nel cassone deve esserci ancora la maglia, la maglia del
Toro sponsor Indesit, lana spessa, due chilogrammi con sudore, mia
madre forse risparmierebbe volentieri la centrifuga a quelle vecchie
fibre, ma d'altronde si sa che i morti non saranno mai al sicuro dai
nemici se questi continuano ad averla vinta. </div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-50296367101285777752013-06-21T13:11:00.000+02:002013-06-21T13:11:35.240+02:00Fano<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTrKjIkBHuV5lhVWb8YOjelPAGsn5Zzp-NV0k9VJYpakuClqF0-pskWA0wviqbG5lqizslpQCqMrV5-2g11EVjB5QRMh4pLdqG2WJ5VFI5gLwMApbs75vmGz6pm8zVTutxhEQur2g9EP0/s1600/Lemonice-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTrKjIkBHuV5lhVWb8YOjelPAGsn5Zzp-NV0k9VJYpakuClqF0-pskWA0wviqbG5lqizslpQCqMrV5-2g11EVjB5QRMh4pLdqG2WJ5VFI5gLwMApbs75vmGz6pm8zVTutxhEQur2g9EP0/s400/Lemonice-01.jpg" width="253" /></a></div>
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<div class="p1" style="text-align: justify;">
A vederla sembra quasi che abbia ancora i suoi ventanni. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Era il caldo, il primo della stagione, il vino bianco, il verdicchio di Jesi del matrimonio del giorno prima e un appuntamento confuso dopo un ponte su di un fiume. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Avevo dormito quattro ore e addosso avevo ancora il malessere che i matrimoni si portano dietro e che benevolmente raccolgo e porto via un po per tutti. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Dico: "State, state pure, non vi preoccupate rassetto io, faccio piazza pulita, continuate a bere, a scuotervi, a cadere in piscina, la raccolgo io tutta sta cazzo di tristezza, la metto da parte, la metto lontana dai vostri cazzo di occhi. Si, si, non preoccupatevi, erano belli i tempi in cui… era meglio quando non pensavamo a… no, no, non torneranno mai più i giovedì sera all'università, ma tranquilli ci penso io, si, si, ci rivedremo ci saranno altre occasioni, ma adesso divertitevi."</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Poi per caso dopo il cazzo di ponte sul fiume sali delle scale e ti metti a sedere in casa di una perfetta sconosciuta, aspetti le tue amiche che fanno i bagagli, siamo pronti per la conferenza e poi per tornare a Bologna. Una cucina ordinata, una casa silenziosa.</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Si lei non è cambiata, aspetto un po a dirglielo ma, so che c'eravamo conosciuti all'università, che a volte avevo dormito anche a casa sua, che forse, a ben guardare a volte eravamo andati insieme al cinema insieme sicuramente con Grazia e forse con qualcun altro. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Forse non si faceva tante illusioni, nemmeno quando eravamo all'università, no di certo. </div>
<div class="p2" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Certe cose capitano in rapida successione, il tempo non ti lascia troppo solo, ti viene in contro. Così a Fano è stato bello rivedere Franca, perché ha rimesso apposto le cose, ha cancellato i postumi dei racconti camerateschi della sera precedente, non c'è stato spazio, a Fano, per i rimpianti, per il ricordo dei ventanni. </div>
<br />
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Forse non ne avevamo di illusioni, nemmeno allora, nemmeno a ventanni. </div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-80665488125959663372013-05-23T10:58:00.000+02:002013-05-23T10:59:42.080+02:00Bologna 90's<div class="p1" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyuEtEqV7IRAk8YDpv8Y2mIo2B1DOm8vy0PnsCwkY_jKRQNba1rn1MHzlOQdtTaliDqH9fIk_U300rnAO5MYvDR4yH1xveg1Bo9ZSDYDatvJlg483YNo4MHFxCf0zPRaJzIbMBzkqzATU/s1600/fenic-02.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyuEtEqV7IRAk8YDpv8Y2mIo2B1DOm8vy0PnsCwkY_jKRQNba1rn1MHzlOQdtTaliDqH9fIk_U300rnAO5MYvDR4yH1xveg1Bo9ZSDYDatvJlg483YNo4MHFxCf0zPRaJzIbMBzkqzATU/s400/fenic-02.jpg" width="283" /></a></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
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Da una mail mai mandata ad'una amica a Bologna per parlare di un nostro comune amico di Bologna.</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
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<div class="p1" style="text-align: justify;">
Hai ragione Dania è proprio così solo una lunga, permanente e malcelata nostalgia.</div>
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<br /></div>
<br />
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Si sente la nostalgia a chilometri di distanza ed è solo colpa del tempo, a volte il tempo è disonesto, non fa il suo dovere non riduce gli uomini in cenere e lascia che questi nutrano aspettative. La vecchiaia non è ingiusta, la vecchiaia non è amara, la vecchiaia è solo vecchiaia, rassegnati, non continuare a sperare solo perché il tempo non ha ancora presentato le sue fatture e tu credi di poter vivere a credito sfruttando una presunta giovinezza. Quando arriverà nessuno verrà ad avvisarti, ti prenderà all'improvviso, nel mezzo di una vernice o mentre bevi il tuo drink ai Giardini Margherita. Il tempo non ha tempo, agisce e lo fa in fretta, il tempo sa che hai smesso di sorridere da tre anni perché hai più paura dei solchi della tua faccia che del gonfiore della tua prostata, il tempo conosce il tuo tempo. I tuoi capelli hanno resistito, sono rimasti fermi al loro posto, non sono crollati come era giusto che facessero, ma questo non vuol dire che devi continuare, con gesti ampi ed enfatici, a lisciarli con la tua mano destra. Non canteranno ancora molti galli prima che i reumatismi ti impediranno di alzare qualsiasi arto. Tornaci quando è giorno al Pratello, guarda in faccia quelle persone con cui fumi spensierato di notte, guardali mentre tornano dalla farmacia, guardali spezzare mezza pasticchetta per l'ipertensione e berla nell'acqua liscia a temperatura ambiente, vedi, le sigarette le spezzano perché non ne possono fumare tante. Se ti stai chiedendo come è andata a finire con quella ragazzina con cui alcuni si strusciavano al bancone, si dai, la ragazzina venuta dal Veneto, quella innamorata di Bologna degli anni Novanta, quella a cui tutti parlavano dei CCCP, di Freak Antoni, di Paz e dell'eroina al DAMS, se proprio te lo stai chiedendo ti devo dire che quella ragazzina non esiste, non è mai esistita, o forse è la legenda della figlia di qualche tua vecchia compagna di corso in visita dai parenti. </div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-41904807292587688562013-05-13T12:08:00.000+02:002013-05-13T12:09:28.045+02:00Cambio al Binario #5<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="background-color: white; color: #333333; line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">Cambio al Binario #5</span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="background-color: white; color: #333333; line-height: 20.796875px;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: x-small;"><br /></span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;"><span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">Cambio al Binario è un appuntamento a scadenza irregolare dove due blog:</span><br style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;" /><span style="background-color: white; color: #cccccc; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><a href="http://wchair.blogspot.com/" target="_blank">Chair King</a><span style="line-height: 20.796875px;"><a href="http://wchair.blogspot.com/" target="_blank"> </a>e </span><a href="http://michelerisi.blogspot.it/" style="line-height: 20.796875px;">Non Coprire</a></span><br style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;" /><span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">si danno il cambio su di un argomento comune</span></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<span style="font-size: x-small;"><br /></span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<span style="font-size: x-small;">ecco il 5#:</span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<span style="font-size: x-small;">Bologna - Venezia</span></div>
<div style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, sans-serif; line-height: 20.796875px;">
<br /></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVhmEm0XDuIufX84f4Drl9Nyqq-_loSrWT0EqLjQTz9dPSqo799wZv7F6UgEdmHKbsAk1spN9IBhWHKg8wTItiJQGnwbZp6ViWAfo_qthyK8PoniB9OkyXrjDzn0CzEe9Gwox7UhZz988/s1600/CambioAlBinario5.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVhmEm0XDuIufX84f4Drl9Nyqq-_loSrWT0EqLjQTz9dPSqo799wZv7F6UgEdmHKbsAk1spN9IBhWHKg8wTItiJQGnwbZp6ViWAfo_qthyK8PoniB9OkyXrjDzn0CzEe9Gwox7UhZz988/s640/CambioAlBinario5.jpg" width="568" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Bologna - Venezia</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br />
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br />
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Due davanti a me una
coppia di nuova fatta, sui 55 anni entrambi. Lui sta invecchiando
piuttosto bene con quella pelle olivastra, i capelli brizzolati e uno
sguardo deciso ma non troppo, delle belle labbra, i muscoli del volto
sempre pronti a rilasciare un sorriso, forse un ex sportivo con
quella sicurezza di chi nella vita ha avuto un po' di gloria e
abbastanza donne, una polo a maniche lunghe di quelle che le compri
già sbiadite, un pantalone sportivo chiaro, due scarpe da andare in
barca.
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Con lei il tempo è stato
meno clemente, di lì a pochi anni si sarebbe accanita con tutte le
sue forze e lei forse sarebbe ricorsa anche al bisturi. Ma per ora
tratteneva in se il suo fascino di donna magra con un naso un po'
troppo grande, con gli occhi grigi, a prima vista scontrosa, di
quella scontrosità che gli uomini vedono come sfida, che in lei era
solo di facciata. Stava lì con una piega dei capelli perfetta, una
camicetta rosa antica, i pantaloni, anche i sui chiari e due
mocassini.
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Il braccio di lei passava
sotto quello di lui, la mano di lei lisciava e lisciava continuamente
l'avambraccio di lui, poi hanno iniziato a parlare della figlia di
lei, brava ragazza che studia e prende treni tutti i giorni, a lui
arrivano sms, subito racconta a lei chi glieli manda e perché, lei
sorride e guarda fuori dal finestrino, poi continuano con Venezia,
l'ora dell'arrivo, quel bar, se c'è ancora, poi io guardo fuori e
non so cosa dicono loro. All'improvviso li sento parlare del Nastro
bianco, sento parlare lui del Nastro bianco, lei non sa, l'hanno
scorso ha fatto un film, dice, ma non gli viene il nome, io so tutto,
poi gli viene Amour, fece un film anche violento Funny Games ma non
salta fuori il nome del regista, io lo so e vorrei dirglielo ma non
riesco, sarebbe sfrontato, i loro vestiti, la loro età, la mano di
lei che continua ad accarezzare lui mi fanno restare muto, continua
lui provando di ricordare il nome andando a pescare a caso nei
ricordi, buttandoli fuori senza successo.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Sarebbe bello, almeno per
me, entrare a valanga e dirgli Michael Aneke, ha fatto questo e
quello... via così, pensate che Funny Games, il primo non il remake,
non so come è arrivato in una videoteca qua di provincia, mi
ricordo ancora il pomeriggio in cui lo vidi assieme a gli altri e di
come uscimmo di casa conviti di aver visto qualcosa di meraviglioso e
sconvolgente, di come siamo rimasti in silenzio tutti, ci guardavamo
e sorridevamo era stato bellissimo.
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Lui va avanti a parlare di
Amour un film completamente o quasi tutto girato in un appartamento,
tra l'altro quelle scarpe che Trintignant/Georges nel film usa come
pantofole, quelle che si mette solo in casa sono le stesse che porto
io in questo momento, scarpe da 36 euro che si comprano al Decathlon.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Poi però arriviamo a
Rovigo e io sorrido ai due e scendo dal treno.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br />
</span><br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Michele Risi</span><br />
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;"><span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; line-height: 20.796875px;">leggi il cambio su </span><a href="http://michelerisi.blogspot.it/" style="background-color: white; color: #999999; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; line-height: 20.796875px; text-decoration: none;">non coprire</a></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br />
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br />
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-65901699930435776942013-04-25T15:27:00.002+02:002013-04-26T09:10:07.674+02:00l'ombra del novantesimo <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOPK4XR4yLLU3HZnCmgi_F_QILZ90XyncJSJ9IRGAc1YF6xcKB5jc4UYKk2eKdzFTZySYmIjJDW4RBv2Td6ZxwyGdnhCwqLSOLe9u8j60lehxPwOi8kC5WpK-hP9-LydRmKODvWbirq5o/s1600/frizzi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="339" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOPK4XR4yLLU3HZnCmgi_F_QILZ90XyncJSJ9IRGAc1YF6xcKB5jc4UYKk2eKdzFTZySYmIjJDW4RBv2Td6ZxwyGdnhCwqLSOLe9u8j60lehxPwOi8kC5WpK-hP9-LydRmKODvWbirq5o/s640/frizzi.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
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<br />
<br />
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<br />
<br />
<br />
<br />
<span style="font-family: inherit;">L'esercizio sul calcolo delle probabilità d'errore di un calcio di rigore deve tener conto di alcuni fattori; è più alto il rischio di sbagliare per chi ha
paura del portiere che gli sta di fronte. Io, per esempio, devo stare sempre molto attento a ciò che
faccio e </span>una personalissima propensione alla nostalgia, è sicuramente uno dei fattori di cui debbo tener conto per ridurre la mia propensione all'errore. In verità non si tratta di <span style="font-family: inherit;">calci di rigore, no, non è di calcio che sto parlando, ma il calcio non è del tutto estraneo a tutto ciò.</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<span style="font-family: inherit;">Un comportamento irrazionale e meccanico, un'attitudine
alla ricerca certosina di tutte quelle persone che hanno fatto parte
della mia vita, ma che sono state inevitabilmente inghiottite dal
tempo. Molte sere mi intrattengo parlando con degli sconosciuti
provando a spiegare loro questo mio disturbo del comportamento, una
volta in particolare ricordo di aver chiesto a degli allevatori di
bestiame dell'entroterra lucano di provare a rinchiudermi in una
delle loro stalle, dicevo:</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">«</span><span style="color: black;">Rinchiudetemi
in una stalla, aspettate che mi passi questa maledetta nostalgia per
i tempi andati, obbligatemi a guardare non so, il ruminare stupido di
una vacca, oppure il piscio fragoroso di una cavalla, costringetemi a
non fare casini, a non far cose di cui potrei pentirmi il giorno
dopo, vi prego.</span><span style="color: black;">»</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">Forse dovrei smettere di
preoccuparmi tanto o, molto più realisticamente, dovrei
semplicemente smettere di giocare col tempo passato. </span>
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;"> </span>
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;"><br /></span>
<span style="color: black;">Quel
pomeriggio mi attaccai al telefono per chiamare Riccardo. Quando
eravamo solo due bambini stupidi e spietati ci divertivamo
scaraventando nella vetrinetta a muro della scuola elementare che
frequentavamo, i nostri compagni di classe, oppure interrompendo a
bastonate la copulazione di due poveri cani randagi. Avevo un debole
per il modo di fare di Riccardo, lui non era come tutti gli altri,
lui aveva qualcosa di speciale, qualcosa che lo differenziava da
tutti gli altri stupidi teppistelli, lui aveva talento: una naturale
e onesta dedizione criminale. Come succede spesso dopo le scuole
dell'obbligo io e Riccardo c'eravamo persi di vista, ma qualche tempo
fa, durante uno sciopero dei benzinai c'eravamo ritrovati insieme alla
coda della cassa dell'unica stazione di servizio aperta. L'avevo
riconosciuto subito nonostante un orribile giacca a vento che gli
arrivava alle caviglia e marcata con la scritta </span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>S.S.C.
Viribus Unitis</i></span></span><span style="color: black;">.
M</span><span style="color: black;">i aveva
raccontato della scuola da perito elettrotecnico, della moglie e dei
suoi tre bambini, del lavoro da magazziniere al </span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>Discount
Polletti </i></span></span><span style="color: black;">il
supermercato che faceva anche da </span><span style="color: black;">sponsor
alla </span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>Viribus</i></span></span><span style="color: black;">,</span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>
</i></span></span><span style="color: black;">la squadra di
calcio dove giocava; non sembrava che se la passasse male, ma di
certo non aveva la faccia di uno che se la passava bene. Era in
perfetta forma fisica, nel suo caso le tragedie del tempo non avevano
prodotto l'imbolsimento, i gonfiori o l'ispessimento e la dilatazione
del ventre che sono tipiche delle persone della nostra età. Quel
giorno, subito dopo averlo salutato, ripensai all'incontro e un po'
ci rimasi male, non certo per aver rivisto un mio vecchio compagno
di giochi, ma per aver scoperto che lui: Riccardo, il mio modello da
ragazzino, la mia prima guida di vita, non era diventato ne un
fuorilegge ne uno sbandato. Ero semplicemente deluso di non vedere
nei suoi occhi il brillare di quella che una volta credevo essere una crudeltà spietata. C'eravamo lasciati con la promessa
generica di beccarci per un caffè, ma avevo il concreto sospetto che
non l'avrei mai chiamato, ne per un caffè, ne per qualsiasi altra
cosa; non avrei mai avuto voglia di passare del tempo con un tipo
come lui, uno che andava in giro con una giacca a vento fino alle
caviglie. </span>
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-family: inherit;">Vivo da solo, ma la via della solitudine non
è stata una scelta, mi sono ritrovato da solo senza che lo volessi,
forse a scegliere sono stati gli altri oppure isolato per un semplice calcolo statistico, o ancora messo da parte per la puzza di una vecchia micosi. Inizialmente ne ho sofferto,
sono quasi impazzito all'idea di non essere una delle vertebre di
quella che credevo essere la grande colonna della società
efficiente, per un lungo periodo mi sono disperato della mancanza di
un qualsiasi rapporto sentimentale, ma poi ho provato a ricavare
dalla mia solitudine tutti i lati positivi ed ho scoperto che l'aver
abbandonato i piaceri della compagnia comporta dei privilegi e dei
benefici altrettanto spassosi. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">Quel
pomeriggio – quando decisi di aggrapparmi alla cornetta del
telefono – ero libero dal lavoro e quando il sole si rintanò
dietro al palazzo difronte casa mia, sentii come la necessità di fare una chiamata. Con il sole era sparito anche l'unico
sistema di riscaldamento in funzione in quel momento e sul mobile in
cucina c'erano solo i panini di due giorni prima. In mattinata era passata mia madre, le buste
della spesa attraverso cui riuscivo a intravedere una confezione di
uova e dei surgelati imperlati di gocce d'acqua, lo testimoniavano.
Nella semi oscurità del tardo pomeriggio cercai nell'elenco del
telefono Talassico Riccardo. Alla voce Talassico corrispondevano
sette nomi incolonnati in ordine alfabetico. </span><span style="color: black;">Nella
stanza la penombra era spezzata dall'illuminazione che arrivava dalla
strada; le luci giallastre dei lampioni si mischiavano al verde del
prato luminoso proiettato dalla TV sintonizzata su di una partita dei
sedicesimi di coppa Italia. A tentoni mi attaccai al telefono e
composi lentamente il numero. Quando il <i>LA</i></span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i> </i></span></span><span style="color: black;">del</span><span style="color: black;">
telefono iniziò a risuonare provai una strana
sensazione di vergogna, un piccolo cedimento temporaneo. In un attimo di lucidità, riuscii
anche ad appurare quanto fosse assurda quell'azione, odiai per un'attimo quella nostalgia infantile. Riattaccai la cornetta prima che
dall'altro capo qualcuno potesse rispondermi, il silenzio era rotto
solo dal ronzio monocorde di quella telecronaca soporifera, diedi un
occhio alla TV scorgendo appena l'azione caparbia di un terzino
impertinente nell'aria avversaria.</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il muro di cemento che
circondava gli spalti in tubolari di ferro e il campo da gioco in
terra battuta, era pieno di scritte d'amore, di insulti e disfide
calcistiche che io non potevo capire e i cui destinatari potevo solo
immaginare. I fari dello stadio erano stati spenti non da molto, un
bagliore fioco, simile a quello di una candela imprigionata dalle
dita per essere smorzata, colorava ancora il bussolotto in vetro
delle lampade alogene. Una nebbia densa avvolgeva i capannoni e i
depositi che circondavano l'impianto sportivo. Dalla nebbia
appoggiata sull'asfalto corroso dello spiazzo antistante l'ingresso
emergevano solo il corpo rettangolare del botteghino e un'automobile
parcheggiata di fianco al cancello. L'auto ondeggiava in modo quasi
impercettibile, un movimento che i miei occhi quasi non vedevano, ma
che sembrava arrivarvi subliminalmente ad ipnotizzarmi. Mi avvicinai
a piedi e con discrezione all'auto in sosta. I vetri dei finestrini
erano tanto appannati che non mi era possibile vedere quello che stava accadendo all'interno. Pur capendo che chiunque giacesse
all'interno non aveva voglia di farmi partecipe della loro attività,
strofinai infantilmente la mia mano contro il vetro umido del
finestrino. Una forma compatta, ma offuscata da quel filtro opaco, si
muoveva a scatti coprendo completamente una cosa che sembrava un
corpo accovacciato sul sedile posteriore dell'automobile. Le scritte
bianche <i>S.S.C.</i> <i>Viribus</i> <i>Unitis </i>e <span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>Discount
Polletti</i></span></span><span style="color: black;">,
erano appena leggibili sul dorso di quella che mi sembrava una giacca
a vento blu. </span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">La macchina sobbalzò e io
iniziai a correre. Prima che potessi raggiungere la portiera della
mia auto qualcosa mi afferrò alle caviglie e per un attimo pensai ai
poveri animali stretti nelle tagliole di cacciatori senza anima.
L'attimo dopo mi ritrovai steso a faccia in giù nel parcheggio del
campo da calcio della </span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>Viribus.</i></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-family: inherit;">«FROCIO...FROCIO»
gridava qualcuno che non riuscivo a vedere «ti faccio ingoiare il
cazzo, pervertito di merda, guardone succhiacazzi.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-family: inherit;">Le
imprecazioni mi arrivavano insieme agli schiaffi sulla nuca e ad una
forte stretta alla collottola che mi sembrava di sentire sin dentro
le tempie. L'asfalto era maculato da vecchie chiazze di olio bruciato
sgocciolato da testate usurate di automobili precedentemente lasciate
in sosta nel parcheggio, l'olio era penetrato nello strato appena
sottostante a quello superficiale dell'asfalto e la mano del mio
aggressore mi costringeva ad un contatto ravvicinato col viscido
delle pietre del selciato. In quella posizione riuscivo a percepire
le minime vibrazioni prodotte dai passi ammantati di gomma di una
nuova persona. L'altro occupante dell'automobile arrivò su di noi e,
con un calcio allo stomaco, mi costrinse a guardare in alto verso il
suo volto offuscato dalla nebbia e dal dolore. Adesso a sovrastarmi
erano in due. Entrambi erano abbigliati da sportivi, entrambi erano
di sesso maschile, entrambi avevano l'aria incazzata e una nuvola di
vapore che si materializzava dalle narici, ma solo uno di loro era
Riccardo il mio amico d'infanzia.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-family: inherit;">«Cosa
cazzo ci fai qua?» disse «Come diavolo ti passa in testa
di venire qua.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-family: inherit;">Restai
a guardarli dal basso, per un'attimo fui tentato di spiegare a Riccardo della mia propensione alla nostalgia, ma mi trattenni dal farlo. Poi qualcuno mi colpì alla testa.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">A
giudicare dal colore e dal taglio di capelli, dalla postura della
testa e della nuca, potevo anche avere l'impressione di essere
ritornato ai tempi della leva e quello poteva essere uno dei tanti
viaggi in una delle jeep dell'esercito; non c'erano altri indizi che
mi potevano aiutare a comprendere dove fossi tranne il rumore basso e
costante del motore e i sobbalzi della strada. I dettagli di ciò che
era accaduto mi si presentarono dopo qualche istante corredati di un
emicrania spaventosa. Nell'attimo in qui presi coscienza capii che ero
seduto sul sedile posteriore della stessa auto dove, chi sa quanti
minuti prima, Riccardo e il suo amichetto stavano assaporando
furtivamente i piaceri carnali del loro amore, provai a scappare
nonostante le mani e piedi legati da lunghi lacci neri che odoravano
di strutto. Alla radio una litania insopportabile si interrompeva
ogniqualvolta attraversavamo delle zone semi deserte. </span>
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-family: inherit;">«Dove
volete portarmi?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">«Sta
zitto!» </span>
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: black;">Quel
mese di novembre non ci furono denunce di rapimento. Ci furono rapine
ed estorsioni. Ci furono due sparatorie. Ci fu un evasione di gruppo
dalla casa mandamentale. Ci furono delle anomale rapine ad alcuni
camion carichi di carciofi. Ci furono sette morti per infarto e due
suicidi. Ci fu l'avvistamento di un topo gigante. Il trenta di
novembre però, in un articolo sulla pagina di sport, corredato di
immagine fotografica ritraente l'intera squadra di calcio della
</span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>S.S.C.
Viribus Unitis, </i></span></span><span style="color: black;">un
giornalista esaltava le gesta di Riccardo Passarello difensore
centrale non più giovanissimo ma ancora in grado di innalzare da
solo un muro invalicabile davanti alla porta difesa dal numero 1
della </span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>Viribus </i>e di prendersi l'onere di battere un calcio di rigore al novantesimo</span></span><span style="color: black;">.
</span><span style="color: black;"><span style="font-size: small;"><i>
</i></span></span><span style="color: black;">
</span>
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-58171259348700946672013-03-30T12:07:00.000+01:002013-05-01T21:52:47.700+02:00Al SerT ci chiamavano timidi<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9xo5EwkqnfZb1vcffPzkfWLrTyr1xDU-xo2r16sS20sPu7hDDszJ3uNjaWcxZB5iuiCKnp8dWjITFCa0DcPVULK39670SW943TqwfkLpbyxDnQ7CJeIrVWGmo_E2DPUQS7jFwjgENMkc/s1600/comproprieta%CC%80_risolta-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9xo5EwkqnfZb1vcffPzkfWLrTyr1xDU-xo2r16sS20sPu7hDDszJ3uNjaWcxZB5iuiCKnp8dWjITFCa0DcPVULK39670SW943TqwfkLpbyxDnQ7CJeIrVWGmo_E2DPUQS7jFwjgENMkc/s640/comproprieta%CC%80_risolta-01.jpg" width="640" /></a></div>
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Al SerT ci chiamavano timidi</div>
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In classe eravamo tre, io da una parte e due miei compagni dall'altra, eravamo in una stanza dell'ambulatorio, non c'ero mai entrato in ambulatorio a scuola. Luci bianche e odore di disinfettante misto a fumo vecchio e stantio. L'infermiera aveva il rossetto sbavato e il rosso dipinto sulle labbra le metteva in risalto la peluria nera dei sui baffi da donna in attesa della menopausa. Schierati al muro come in attesa di giudizio ci fecero domande, osservandoci come scimmie allo zoo. I mie compagni di classe non mi guardavano negli occhi, bypassavano il mio sguardo, parlottavano sul posto, guardando un punto indefinito tra la bombola di butano del fornelletto per il caffè e la bottiglia di plastica affogata di cicche di sigarette. </div>
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Eravamo stati selezionati a campione. Dicevano che avevamo problemi con le sostanze stupefacenti, ci dissero che saremmo stati guidati, assistiti, in questo modo ci avrebbero aiutati ad evitare pericolose dipendenze. Due ore a settimana potevamo saltare scuola, chiuderci nel laboratorio computer a guardare su degli schermi da 14 pollici, dei video in cui persone con occhiaie blu dipinte sul volto barcollavano in cerca di qualcosa in finte periferie ricostruite nel centro di Piacenza. Persone che pronunciavano parole che non avevo mai sentito e che facevano cose che nessuno di noi aveva mai preso in considerazione. Era un progetto del SerT per gli studenti delle superiori, studenti buoni che danno una mano a studenti cattivi a venir fuori da situazioni difficili. La bianca colomba posa il suo petto immacolato sulla testa e riconduce sta cazzo di pecorella all'ovile. Le settimane passavano e l'imbarazzo era sempre lo stesso, ci ignoravamo in classe e alle sedute del SerT gli sguardi continuavano a divergere. </div>
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Il colore del mattino a volte aveva l'odore del fumo ingoiato di fretta, il posto migliore per starsene in pace era il giardinetto davanti alle sbarre della finestra dell'ambulatorio. Il sole trapelava dalle linee della ferrovia e brillava sbattendo sugli scambi. All'interno era buio ma nel nero, la luce infiltratasi per riflesso, apriva coni di chiarezza. Immagini di movimenti regolari, una bocca che ingoia un cazzo stretto tra la fessura della cerniera, la cinta dei pantaloni e la sporgenza della pancia di un uomo costretto ad una vita sedentaria. </div>
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Al progetto del SerT conclusero con un opuscolo, c'era una frase, la scrissero gli studenti buoni e faceva:</div>
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<i>Solitamente timidi e impacciati, divengono spigliati e decisi quando si tratta di somministrarsi sostanze stupefacenti.</i></div>
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Tre mesi al SerT per capire che si era timidi. </div>
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<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-35914740442460052812012-12-31T11:00:00.000+01:002012-12-31T12:12:51.790+01:00Sul finire una storia d'amore <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZKRcCLb6XmehqzDhmYw3NntXSdO5VwW_zWnNnn8avWz_tNw78uB4tZGJtKJz9t8vSdtdfda2_VI0mvqwp3Nrt29dunMA4QMJLR1dAqeNThoQYmjpvOLnJKhEi8rsz2FQiLbHtVl_lvT4/s1600/Cipolla-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZKRcCLb6XmehqzDhmYw3NntXSdO5VwW_zWnNnn8avWz_tNw78uB4tZGJtKJz9t8vSdtdfda2_VI0mvqwp3Nrt29dunMA4QMJLR1dAqeNThoQYmjpvOLnJKhEi8rsz2FQiLbHtVl_lvT4/s400/Cipolla-01.jpg" width="331" /></a></div>
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L'ultimo ad entrare nell'ascensore fu un uomo sulla quarantina, aveva i capelli grigi tagliati a scodella, l'unghia dell'indice destro ingiallita dal fumo del tabacco e la camicia fuori dai pantaloni; aveva corso e respirava a fatica. Il pannellino numerato con i bottoncini illuminati segnava la scaletta delle prossime fermate, la gente si ignorava, c'era chi si ispezionava il sudiciume sotto le unghie della mani e chi si guardava i piedi con l'attenzione smodata che si riserva alle cose viste per la prima volta. Pietro scese all'ultimo piano con lui restarono l'uomo con i capelli a scodella e una ragazza con una maglia bianca da cui traspariva una biancheria intima merlettata. Il locale era pieno di gente, c'erano gruppetti di persone assiepate intorno a dei punti d'appoggio ed altri gruppi, più grandi ed eterogenei, al centro della pista. Le persone si spostavano in massa come placche tettoniche: scivolavano, si sovrapponevano e si mescolavano con un ordine che pareva prestabilito. La musica copriva qualsiasi tipo di conversazione che non fosse urlata, ma non riusciva a tappare o a distruggere i pensieri. Erano passati quasi due anni, era proprio l'ultimo dell'anno, erano stati bene, nascosti dal mondo, rinchiusi in casa, a fare l'amore a bere, a dormire l'uno sull'altra a svegliarsi, a rifare l'amore, camminare al freddo della mezzanotte già passata, stappando la bottiglia di spumante con piacevole ritardo. Pietro voleva ricordarsi di quel tappo, aveva l'immagine fissa del suo rimbalzo, tra una statua ed una scalinata, in quella piazza deserta. Davanti ai suoi occhi la ragazza con la biancheria merlettata agitava la testa al ritmo della musica, lui vedeva, ma non capiva, ricordava il viaggio in macchina tra le montagne, qualche lacrima e le interminabili confessioni. Cosa resta di una storia d'amore, dove finisce tutto l'amore non consumato, non usato, non finito? Le teste si agitavano sempre di più, attratte al cielo dallo scandire del tempo, alla rincorsa del nuovo anno. Si erano detti tante volte volte addio, ma forse quelle due sillabe non avevano molto significato per loro. Quel giorno di due anni fa si erano rinchiusi in una stanza fredda, in un posto isolato, tra le coperte pesanti e, rimbalzando su un materasso a molle, si erano pianti in faccia, si erano amati in faccia. L'uomo con i capelli a scodella non aveva quarant'anni, aveva il volto segnato, ma non arrivava a trentacinque, era di fianco alla ragazza con biancheria merlettata, sembravano contenti, sorridevano e le loro teste ballavano con un accordo che lasciava presagire qualcosa che in ascensore era del tutto imprevedibile. Il tempo si stava assottigliando, anche quella serata, quel momento che Pietro aveva deciso di dedicare all'oblio si era trasformato in una campagna di ricordi, il conto alla rovescia stava per cominciare, sul pannellino dell'ascensore si rincorsero i numeretti illuminati: 3-2-1. Buon anno!</div>
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<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-44639804148811537882012-12-25T12:55:00.000+01:002012-12-25T12:55:30.670+01:00Arrivederci e auguri<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s400/orol-01.jpg" width="231" /></a></div>
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<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Il salotto era poco illuminato; era forse l'ottantaquattro, ma no, a pensarci bene era il novantaquattro l'ultima volta che c'havevo messo piedi: ne avevo un vago ricordo, un'idea che si sovrappose troppo fedelmente alla realtà quando tirammo su le tapparelle, il buio scomparve e la luce rese visibile lo spettacolo delle particelle di polvere danzanti. Non faceva freddo, erano da poco passate le otto del mattino e la nebbia stava per prendere l'ascensore per il nulla. La vecchia voleva tirare fuori il servizio buono; celebrar festa coi cocci del corredo. La giornata perfetta, il momento ideale, la ritirata in famiglia; ad anni di distanza ritornavamo alla stessa tavola, tutti in tregua con le gambe a riposo sotto una pacifica e comune </span></div>
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<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">tovaglia rossa di proprietà della zia Jole. La luce rende le cose visibili: a scuola ti spiegano che è un fattore fisico di rifrazione e riflessione dei raggi solari sulle superfici degli oggetti; ma senza andare oltre, senza volerci capire tanto, quel giorno mi bastava appurare che i deboli raggi di sole, del 25 di dicembre, mi svelavano cose che non conoscevo. Mentre la zia tirava fuori l'archeologia della sua unione matrimoniale, prematuramente terminata con la morte dello zio, vidi di sbieco la sagoma di un pupazzo. Non ricordavo quella vetrinata, o più probabilmente, la vetrinata non era alla portata della statura dei miei ricordi infantili; era piazzata in alto, oltre i due canonici metri d'altezza, sopra le teste e i tetti di quei mobili che con orgoglio mostravano le forme del lontano boom economico del paese. </span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">- Lascia stare Ricky - fece la zia vedendomi incuriosito dal pupazzo - lascia stare, non è il momento di parlare di questo adesso.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Ricky era un pupazzo da ventriloquo, un fantastico pupazzo di cartapesta con tanto di lentiggini e salopette in jeans e se ne stava seduto su di una mensola con la testa appoggiata alla porta a vetro di un piccolo mobiletto.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Il panno che la zia stava usando per spolverare la superficie di piatti e bicchieri, consegnava altre particelle all'ormai affollata danza della polvere. </span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">- Cosa vuol dire che non è il momento? feci d'improvviso - … cosa si dovrà mai attendere?</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">- Vuol dire quello che ho detto, che ci sono momenti e momenti per fare le cose e questo non mi sembra quello adattato per spiegarti chi è Ricky… e poi ho troppo da fare con questi maledetti piatti e non posso negoziare pause e preoccupazioni.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Continuai a guardare con gli occhi di un bambino la bellezza spettrale di quel pupazzo imprigionato in una scatola di legno impiallacciato e come un bambino provai a fantasticare sulla sua storia. Ero attratto dal divieto, dalla storia negata, dall'intransigenza con cui la zia si rifiutava di darmi una spiegazione e allora immaginai una scontata carriera da ventriloquo per lo zio, ma anche un'amore impossibile della zia che, in qualità di giovane vedova, non poteva accettare il corpo di un artista girovago e si accontentava del suo pupazzo.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">- Tutti crediamo di conoscere il momento giusto, l'attimo in cui le cose devono avvenire, o in cui le cose sono pronte. L'attimo esatto, il momento propizio, quel solo istante nello scorrere del tempo. Vedendo la pellicina staccarsi dal copro dei fagioli spengo la fiamma, oppure, sentendo, ad un certo punto, il sibilo leggero dell'acqua, alzo il ferro da stiro e comincio a stirare. Sono attimi, momenti, secondi che crediamo di poter individuare, di poter prescrivere: sono le scritte che ci consigliano la cottura degli spaghetti, sono i mal di pancia che ti dicono che ne hai avuto abbastanza di un litigio e che é ora di finirla. Sono tutte queste cose, le conosci? Certo che le conosci, sei un uomo ormai e sai anche tu che dobbiamo provare a mettere un punto, dire basta, scrivere questa benedetta fine.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">La voce della zia sembrava parte della stanza come la polvere o i mobili gonfiati dall'umido di troppi inverni, sembrava un oggetto d'arredo, perfetta, secca, ben integrata con il giallo paglierino delle pareti, sembrava adatta solo quel salottino fermo in un tempo che non esiste più da anni. La zia era a suo agio, con lo straccio tra le mani e con un piccolo obiettivo mattutino: aveva fatto le sue scelte, aveva trovato i suoi momenti giusti, stava per portare a termine il suo piano, aveva messo da parte gli anni e le attese, i giorni strozzati, i pensieri e le possibilità, ma poi il telefonò squillò, entrambi guardammo la colonna su cui era posizionato e forse, entrambi ci immaginammo la voce e le parole di uno degli invitati; una formale e tranquilla disdetta, tememmo che nemmeno quello, che nemmeno quel natale poteva essere il momento giusto, il momento per mettere la benedetta parola fine sulle triste vicende della nostra litigiosa famiglia.</span></div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">- Pronto - fece la zia con gli occhi aperti e la mente vigile, dall'altro capo qualcuno sorridente urlò un auguri che sentii anche io, la chiamata proseguì nell'etichetta che il giorno 25 dicembre richiede, io rivolsi nuovamente lo sguardo al povero Ricky, montai su di una sedia e lasciai cadere la catenella che lo teneva imprigionato. La zia mi vide, ma lasciò cadere il suo sguardo ammonitore, d'altronde era natale ed era sembrato ad entrambi che quello fosse il momento giusto. </span></div>
<div class="p2" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><br /></span></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiN-lB0mECmiHLqibRzmpHoStbLHZYQzPq1PEQh6jHQaqWk3YQQX4BXL9Nf1uQ4Dr5LpK2dq8ykgqTPARfVVqgUl_EuLCg5MMOP5jjKtEyfCJwsFSTh3sM_XPfCZfwPu9iJsTOU_uVhdLE/s1600/orol-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><br /></a><div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-82578235635332818402012-12-21T15:35:00.000+01:002012-12-21T15:35:02.911+01:00guest pre-natalizio
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWWzJOQG8CHAgdxHwPARC9ADE_ACZFdzg-nGRZeF72ZgtBe7Vd13EnEOKJMIXWXDj9LeRC3cERT0RyfucCGeuh_-LmHcS6wnuRPT2DHHEe1gUpospQjIrGBBGI5rPJ9t54soyo87974xo/s1600/Merlo-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWWzJOQG8CHAgdxHwPARC9ADE_ACZFdzg-nGRZeF72ZgtBe7Vd13EnEOKJMIXWXDj9LeRC3cERT0RyfucCGeuh_-LmHcS6wnuRPT2DHHEe1gUpospQjIrGBBGI5rPJ9t54soyo87974xo/s400/Merlo-01.jpg" width="318" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">In vista delle festività, in attesa di stiparsi, chiusi in case ostili con genere alimentari, parenti, stupefacenti e retorica sulla crisi finanziaria, Chair King vi regala degli ospiti graditi, ospiti poco invadenti che arrivano e vanno via, che durano il tempo di una lettura, persone genuine, onesti come i </span><span style="font-size: x-small;">finti appuntamenti.</span><span style="font-size: x-small;"><br /> </span><br />
<h2>
#1</h2>
<div class="p1">
Abbiamo il carattere confusionario degli antipasti</div>
<div class="p1">
preparati da troppe volenterose e supponenti mani</div>
<div class="p1">
di due figlie e una cognata che fanno per otto.</div>
<div class="p1">
Per il brodo dei tortellini la pentola senza un manico,</div>
<div class="p1">
che non si butta perché l'anno dopo verrebbe cattivo.</div>
<div class="p1">
Il coltello impugnato dal figlio maschio per fare le parti</div>
<div class="p1">
dell’arrosto e dello zampone da quando non c’è più</div>
<div class="p1">
il babbo a dare il boccone più tenero alla figlia più piccola.</div>
<div class="p1">
Nipoti viziati dai troppi contorni.</div>
<div class="p1">
La frutta fresca che nessuno guarda.</div>
<div class="p1">
Quella secca da sbriciolare dopo i regali,</div>
<div class="p1">
in attesa del caffè.</div>
<div class="p1">
Per ingannare l’attesa di andarsene.</div>
<div class="p1">
<br /></div>
<div class="p1">
Claudia Balocchini</div>
<div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-18458709443397649722012-12-06T18:54:00.003+01:002012-12-06T20:42:41.741+01:00La dottrina liberista ispira lo stile comportamentale dell'economia e della finanza<br />
<div class="p1" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLjjbOnsRXn9hKDu8syo2bBq8DU7TcR0ClbouW4f5yiwSytb2ESEKtt1Cnnwul66BVCJn8B7ZNbjybW_QrUsSN3WmuRT0Kp_ZMNrzcEGpstBmolLPpB_WUXb9oS0gg4dgPvvVgLfPKCJo/s1600/Untitled-1-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="464" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLjjbOnsRXn9hKDu8syo2bBq8DU7TcR0ClbouW4f5yiwSytb2ESEKtt1Cnnwul66BVCJn8B7ZNbjybW_QrUsSN3WmuRT0Kp_ZMNrzcEGpstBmolLPpB_WUXb9oS0gg4dgPvvVgLfPKCJo/s640/Untitled-1-01.jpg" width="640" /></a><br />
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Arrivarono senza che me ne accorgessi: suole felpate e respiro azzerato, cazzo. A dispetto di una forma fisica non del tutto invidiabile - il capo era calvo e, a giudicare dall'ingiallimento dell'unghia dell'indice della mano destra, un fumatore incallito - agili come capre di montagna sui pannelli in ferro zincato dell'impalcatura. Erano abituati a salire scalette, a scovare, a cercare a seguire e ad annuire a menzogne grosse come le betoniere piene di calcestruzzo, erano spregiudicati o forse solo estremamente coerenti con il loro lavoro di merda. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Cecilia aveva mal di pancia, le fasi peggiori erano alle spalle, ma non bisognava starsene troppo tranquilli; passava gran parte delle sue giornate a letto, si alzava per andare al cesso o per bere un po di caffè - anche se il medico lo sconsigliava - era al quarto mese e ormai si trattava solo d'essere pazienti. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
La multa fu salata e il balzo sul balcone non bastò a persuadere gli ispettori che eravamo due semplici ladri. Sull'impalcatura c'erano il trapano, le sigarette e quelle maledette persiane tirate giù ci sbugiardavano; per non parlare poi di quei cazzo di pantaloni schizzati di quarzo e ducotone che erano come un'attestato professionale. Quando ebbero finito mi lasciarono tra le mani un foglietto verde che pesava da fare schifo, tutt'intorno non c'era nessuno, alla vista degli ispettori erano scomparsi tutti. Un cantiere fantasma fatto di attrezzi abbandonati e signori con le scarpe impolverate acquattati dietro a silos di malta premiscelata. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Cecilia aveva ancora le labbra sporche quando feci ruotare la chiave nella serratura di casa. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
- Cosa ci fai qua?</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
- E tu perché continui a bere caffè?</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Poggiai la multa sul tavolo in cucina, non era l'unica cosa da pagare quella settimana, ma di certo quella di cui non avevo voglia di parlare. Non c'era bisogno di dire nulla; Cecilia capì senza che io aprissi bocca, calzò le sue pantofole da sposina bianche su cui resistevano le macchie secche dei primi vomiti della gravidanza e scomparve sotto le coperte del nostro letto. Entrai anche io in camera, le mie scarpe lasciarono una scia polverosa bianca di cui mi sarei occupato più tardi, stetti un attimo impalato come un idiota poi aprii la bocca ma le parole se ne restarono attaccate al culo, impaurite e senza la forza di uscire allo scoperto. Cecilia emerse dal triplo strato di imbottitura che appesantiva e riscaldava il nostro letto, vedendomi balbettare si mise a ridere scomparendo nuovamente sotto quelle maledette coperte sintetiche. La sua voce uscì poco dopo, ridotta in volume dall'azione fonoassorbente di quel coibendaggio casalingo, ma alla forma non faceva difetto una sola virgola del contenuto:</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
- Non ho capito perché hai paura, non capisco per quale motivo balbetti, non capisco perché resti lì fermo e non riesci a chiedermi con parole tue quello che il volto dice al posto della tua voce. Quando ci siamo sposati, quando hai voluto che scappassimo, non ho messo sotto una pietra quel giuramento che sapevo essere ne più ne meno che un urlo temporaneo di soddisfazione. No guarda, non un urlo ma un gridolino, lo stesso che esce dalla bocca dell'adultero e che suona come uno strozzato "t-ti-a-mo" all'orecchio sudato dell'amante tradito. Non esistono promesse che non tengono conto del momento ed è per questo che non esistono promesse, o almeno non ne esistono di indissolubili, incontrovertibili. La migliore non va più in là del tempo necessario alla sua pronuncia, come quella che, con un filo di voce, esce di bocca al morente sul letto da dove sa che non si alzerà mai più. La tua era la promessa dell'entusiasmo, della soddisfazione passeggera, a te sembrava permanente e invece era, nel momento stesso in cui l'hai pronunciata, destinata a morire, muoiono le promesse, così come fanno i passeri prigionieri delle vetrate. Non ti ho mai chiesto d'essere l'uomo di granito, non credo che componendo il numero di mio padre cancellerò parte di quella che tu credi essere la tua dignità. Conosco quelle parole che non dici e credo che non dicendole gli unici a rimetterci saranno i nostri occhi, le nostre gambe i nostri raffreddori, aggravati dal buio, dal freddo e dall'accumularsi delle nostre bollette. Se credi che la dignità non abbia un prezzo, io credo che quel prezzo sia segnato su di un bollettino postale e allora lascia che sia io ad occuparmene, e lascia pure che sia mio padre a pagarla. Ora se esci, se vai via di qua sarò io a chiamarlo e a chiedergli di assumerti, non preoccuparti, non rubiamo nulla, non mettiamo nulla nel saccone, non lanciamo le mani nel cestino delle offerte, lui avrà premura di romperti il culo sui cantieri di lasciarti sputare tutti i denti attaccati alle gengive, ma d'altronde non l'avrebbe fatto ugualmente se non fossimo scappati e non avrebbe fatto lo stesso qualsiasi altro datore di lavoro? Non preoccuparti e non prendertela a male se rido, non rido perché sulla tua faccia c'è lo stesso pallore delle mie nausee, ma rido dell'inutilità della nostra miseria, ora esci per favore e se puoi preparami un caffè e ricordati che anch'io ti amo.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAbJji4vcH68_A1H6UO4nuMZ6JBD3F3YuGFvjVNj8qemKOmTALUdC5tXvW8PaYKyO_IgdgoeZo5a8rNV6i18A3Df7Q2AYKzpqOvxaqA2vABUKrt0GPmnVUZHrdKUFbD_dSK8W0rm3bTuY/s1600/Untitled-1-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="450" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAbJji4vcH68_A1H6UO4nuMZ6JBD3F3YuGFvjVNj8qemKOmTALUdC5tXvW8PaYKyO_IgdgoeZo5a8rNV6i18A3Df7Q2AYKzpqOvxaqA2vABUKrt0GPmnVUZHrdKUFbD_dSK8W0rm3bTuY/s640/Untitled-1-01.jpg" width="640" /></a></div>
<br /><div class="blogger-post-footer"><iframe src="http://www.facebook.com/plugins/likebox.php?href=http%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fplatform&width=292&colorscheme=light&connections=10&stream=true&header=true&height=587" scrolling="no" frameborder="0" style="border:none; overflow:hidden; width:292px; height:587px;" allowTransparency="true"></iframe></div>Vincenzo Estremohttp://www.blogger.com/profile/03475756535308827290noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3619123958426927631.post-21831835274431183142012-10-28T21:29:00.001+01:002012-10-28T21:52:22.679+01:00Ferrara<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxInG8_GiAzEp56NC5gs8YeU-5RhHrTqq8Ey0V7Da_Q4FeQPIuMyDyxMp6uIpH749o83GgQmIkXmYsfPW6bd8fq16K23rBnm20IhImHTJMiGHwEwrATbnd5WTT4Nh9E-92_e27kGYJUQA/s1600/maialino-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxInG8_GiAzEp56NC5gs8YeU-5RhHrTqq8Ey0V7Da_Q4FeQPIuMyDyxMp6uIpH749o83GgQmIkXmYsfPW6bd8fq16K23rBnm20IhImHTJMiGHwEwrATbnd5WTT4Nh9E-92_e27kGYJUQA/s400/maialino-01.jpg" width="325" /></a></div>
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La colazione quella mattina sapeva di fritto. Il mio latte al nesquik, i miei biscottini al cioccolato e perfino il mio cucchiaino sembravano usciti dalla friggitrice della rosticceria cinese di sotto, d'altronde zia Angela mi aveva avvertito: </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
- La cazzo di <i>Sciangai</i> avrà un buco nella conduttura di areazione o <i>chisaddove, </i>dobbiamo convivere con questa puzza di involtino primavera.</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Chiesi a Stella se voleva uscire a fare colazione fuori, lei la puzza di fritto non la sentiva e sarebbe rimasta volentieri in quell'aria da fastfood a mangiarsi le sue gallette di riso; era ancora tappata, l'acquazzone durante la cerimonia l'aveva costretta a letto e la circolazione nei suoi condotti olfattivi stentava a ritornare regolare. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
- Dai vestiti - le feci - è pur sempre il nostro cazzo di viaggio di nozze. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Quella era la nostra prima notte della nostra fantastica luna di miele declinata in forma di visita parenti. La prima certo, e non di certo la peggiore stando alla lista che prevedeva dopo la camera dei figli di zia Angela, il divanoletto dello zio Alberto e la roulotte dello zio Carmine. "Sarà fantastico" mi aveva annunciato Stella stringendo in mano il foglietto con gli indirizzi degli zii, "potremo vedere Ferrara, Moncalieri, Rozzano e poi, finalmente, potremmo starcene da soli." D'altronde dovevamo fare bene i conti e potevamo giurarci che il prezzo del nostro amore non ci avrebbe fatto sconti. Quando Stella era arrivata con la sua lista non avevo detto nulla, l'avevo abbracciata circumnavigando quel suo enorme pancione e, con il sorriso più naturale che i miei denti e le mie labbra riuscivano a produrre in quel momento, gli avevo confermato che sarebbe stato fantastico. </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Ferrara non l'avevamo ancora vista, eravamo arrivati di sera e l'auto della zia Angela aveva attraversato strade nascoste dalla pioggia segnate, di tanto in tanto, dal rosso e dal verde dei semafori. Quando uscimmo la zona sembrava deserta, avevo l'impressione di fare una passeggiata in un giorno di festa con tutte quelle serrande dei garage tirate giù e con la luce ad intermittenza di semafori in pausa. Il bagliore rossastro delle lanterne dello Shanghai traformava quella mattinata d'ottobre in qualcosa di simile ad un Natale fuori stagione. Stella camminava con le gambe leggermente divaricate, stringeva i denti masticando le sue caramelle gommose, avevo paura di non trovare un bar aperto ne una persona a cui chiedere indicazioni per raggiungere il centro, ma poi una folla silenziosa, ammucchiata sul ponte che attraversava il canale, attirò la nostra attenzione. Un'auto era da poco finita in acqua, stavano per arrivare i soccorsi e tra quelli radunati ad assistere alla sorte dei malcapitati regnava uno strano silenzio. Erano in due nell'auto, ma solo uno nuotava tra le acque fredde e limacciose del canale del Po, dell'altro non se ne scorgeva l'ombra. Qualcuno, accorso sulla riva, si agitava parlando al cellulare, io mi guardai intorno e, oltre al terrore stampatosi sul volto di Stella, vidi la rassegnazione degli altri che sembravano aspettare solo l'attimo in cui l'affioramento in superficie di un corpo molliccio e placido per sciogliere definitivamente quell'assembramento di curiosi. Le urla del sopravvissuto erano gli unici rumori che riuscivamo ad udire, prima del frastuono delle sirene dei pompieri, il natante stava per raggiungere la riva quando dall'auto, per metà immersa, si alzarono due grosse bolle d'aria che si ruppero fragorosamente al contatto con la nebbia. Qualcuno sul ponte disse che non c'era più nulla da fare, io pensai a come avrei raccontato la storia alla zia Angela, qualcuno guardava l'orologio, qualcun'altro diceva che più di cinque minuti uno non è che può resistere sott'acqua. I pompieri arrivarono, uno di loro si lanciò immediatamente in acqua, ma a quel punto anche io m'ero convinto che non c'era più nulla da fare e voltandomi verso uno dei componenti della folla silenziosa chiesi: </div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
- sa mica dove trovo un bar aperto?</div>
<div class="p1" style="text-align: justify;">
Il tipo temporeggiò ma poi mi indicò la strada, afferrai Stella sotto il braccio e pensai: è pur sempre la nostra luna di miele. </div>
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