venerdì 14 marzo 2014

La rivoluzione relativista (Urbino)































C'era un professore all'università di Urbino che odiava Umberto Eco ed Enrico Ghezzi.
Insegnava storia medievale.
Era un prete.

Seguivo il suo corso perchè lo seguiva una ragazza che mi piaceva, non ho mai dato l'esame e quella ragazza credo di averla dimenticata in fretta. Ricordo che era il primo anno di università, ero felice di poter vomitare nell'ascensore del mio palazzo, convinto che i cani dei punkabbestia hanno tutto il senso d'orientamento che i loro padroni hanno tragicamente smarrito da qualche parte. 
D'inverno la nebbia faceva diventare Urbino una città fantastica. Risalivamo dal magistero e c'era un punto in cui non si vedeva nulla, ogni riferimento architettonico rinascimentale che avvelenava le cartoline stampate in quadricromia scompariva. Camminavamo sulla cresta di un monte e io facevo domande stupide sul tuo tatuaggio, il tuo feto stampato sul lato destro dell'inguine.
Il professore veniva in aula con un cappotto nero da prete, parlava per qualche minuto della conversione di Clodoveo e trovava, in ogni fessura della storia, le raggioni buone per condannare il relativismo in cui Ghezzi ed Eco ci ci stavano spingendo. Noi non obbiettavamo, ma masticavamo tra i denti tutte le bestemmie che liberavamo sulla strada in salita.

Mi hai detto che aspettavi un bambino mentre facevi ciao con la mano.
 
A volte spero che nessuno si sia preso mai la briga di spiegare al professore che la guerra fredda è finita. A volte penso che quel tatuaggio era il tuo bambino. Dicevi che in Romagna la gente non sta a perdersi dietro alla poesia, che in Romagna i bambini nascono con le maniche tirate sù. Quando mi hai salutato per l'ultima volta ci conoscevamo da nove mesi ed io, con tutta la filosofia da poco che c'era nei miei ventanni, ti ho detto che con te un anno non poteva non essere storia, che la nostalgia l'avrei ratificata mensilmente. La nebbia s'era disfatta sotto al sole di marzo e io potevo vederti bene. Ridevi per la mia ingenuità. E potevo vedere bene il lato lungo del palazzo ducale, le pietre di quelle cartoline in quadricromia.

Finche c'era il professore di storia medievale ad Urbino continuava ad esserci qualcosa da poter odiare, solo la morte poteva portarlo via, la sua rabbia non sarebbe morta con lui, la morte avrebbe potuto dove la pensione aveva fallito. Spero che nessuno ha avvertito il professore quando Eco e Ghezzi hanno annunciato in TV di aver perso la loro rivoluzione relativista.      

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