giovedì 21 aprile 2016

Una lettera elettronica a Francesco




Ciao Francè in questo momento sto scrivendo un capitolo della tesi che parla del modo in cui funziona la nostalgia. A volte mi annoio e sopratutto la scrittura tecnica sembra come essere fine a se stessa e allora provo ad inventarmi qualcosa di diverso che poi non utilizzo per la tesi. Oggi ho provato a fare delle prove su alcuni ricordi nostalgici per capire in che modo un segmento di microstoria possa rientrare nella struttura di una storiografia più ampia. La memoria e in particolare quella nostalgica ha una serie di ricadute nella trasmissione storica. Solitamente la nostalgia è intesa come elemento negativo, si ha nostalgia di un tempo passato che, manco a farlo apposta, è sempre meglio di quello presente, un tempo in cui tutto andava bene e in cui - per motivi legati alla distanza e all'eliminazione dei piani temporali - la problematizzazione del vissuto e delle contingenze finisce per essere messa da parte. Ecco detto ciò vi sono, e non sono cose che ho inventato di sana pianta, ma che una studiosa di memory studies ha individuato, due tipologie di nostalgia. La prima è di tipo ristrutturativa e la seconda di tipo riflessiva. La prima è una nostalgia astorica e che è alla base di molti movimenti populistici e revisionistici. Per intenderci è la nostalgia dei "nostalgici di lui" (lui ovviamente è capoccione o baffone) un sentimento che ci fa credere che quando eravamo in quel tempo, un tempo che crediamo d'aver vissuto ma che in realtà non riusciamo a definire storicamente (per storicamente intendo mediante una ricostruzione storica fatta di analisi, spiegazione e racconto), tutto andava bene e che i treni arrivavano in orario e che la giustizia sociale era un dato certo e acquisito. L'altra invece, quella riflessiva, è una nostalgia che ci fa mettere in discussione il passato mediante una decostruzione del flusso della memoria. L'atto stesso di richiamare alla mente il ricordo – il vero procedimento di ricerca del materiale che vorremmo diventasse storico – non è finalizzato al rimpianto di qualcosa di perduto, ma è semplicemente la presa di coscienza che qualcosa di scomparso (il tempo passato è effettivamente passato e come ogni oggetto/soggetto storico non è presente ma evocabile solo mediante una ricerca dell'assenza) possa essere messo in discussione nuovamente. Per tornare a noi, per tornare a quello di cui parlavo in precedenza e per provare a capire come queste cose funzionano nella vita e nei modi di affrontare la vita delle persone che conosco meglio, mi sei venuto in mente tu. Credo che tu sia una persona che ha sempre pensato che l'atto del ricordo sia un atto riflessivo e non ristrutturante. Non sei come Peppe che invece rievoca e lo fa di continuo, i laghetti che una volta stavano sui regi lagni e gli animali che popolavano le campagne di Teverola come se negli anni settanta – gli anni in cui lui era un bambino – l'Indesit non esistesse e come se invece di ritrovarsi a fare la battitura dei fagioli su una delle bretelle sequestrate per camorra della Giugliano – Marcianise, lui i fagioli li andava a battere in un parco naturalistico che in realtà non è mai esistito. Ecco mentre scrivo forse dovrei scrivere anche a Peppe e dirgli che lui la nostalgia la usa in maniera ristrutturante, ma tu lo sai meglio di me, lui non ha nemmeno la posta elettronica e comunque è impossibile parlargli. Ma torniamo a noi, tu una volta, mentre eravamo alle elementari scrivesti un tema, mi ricordo che la maestra ci chiese di parlare di uno dei nostri familiari, o meglio, del familiare che consideravamo il nostro modello. Tu parlasti di Mimì e mi ricordo che concludesti il tema dicendo - scusa se la citazione non è proprio conforme all'originale, ma provo a citare a memoria: “lui mi piace è uno di quegli uomini che non dice mai 'ai mie tempi'”. Bhè io lo so che forse questo potrà suonarti un poco nostalgico, ma che vuoi farci, sembra quasi che a pensarle le cose poi uno po le diventa le cose che pensa. A presto. 








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