«Non so di preciso come faccia a funzionare la memoria, ovvero non so se vi siano delle componenti fisiologiche particolari che ci permettono di ricordare una cosa piuttosto che un altra, fatto sta che credo di possedere un ottima memoria!»
Quando
ho capito che l'articolazione del mio ginocchio destro era
cronicamente infiammata sono ricorso alle cure di un medico che, dopo
alcuni esami diagnostici, mi ha consigliato delle sedute da una
fisioterapista sua amica. Il primo giorno di trattamento ho
confessato alla fisioterapista che il suo studio, una stanzetta
completamente bianca illuminata da una lampada a soffitto schermata
da un pannello che ne diffondeva la luce, mi ricordava tantissimo la
sala dove l'odontoiatra mi aveva preso il calco della bocca per il
mio primo apparecchio ortodontico e che, mentre ero disteso sul suo lettino non riuscivo a dimenticare quella sensazione di soffocamento che provai all'ora, mentre l'odontoiatra mi ficcava in bocca 100 grammi buoni di gesso al gusto di menta. La fisioterapista mi chiese perché mai la sua lampada a soffitto mi ricordasse la mia prima macchinetta odontoiatrica e io gli spiegai quelle che erano le sensazioni che avevo provato da ragazzino, facendogli anche l'elenco dettagliato degli oggetti che c'erano nello studio del dentista. Gli descrissi in che modo le ombre della stanzetta in cui lei mi trattava il ginocchio mi avevano indotto a risvegliare la memoria del mio primo traumatico intervento odontoiatrico. La fisioterapista mi chiese che lavoro
facessi e le dissi che ero disoccupato e poi, mentre
passeggiavo sul suo tappetino in gomma piuma e lei mi osservava gambe
e piedi, iniziò a parlare con un tono di estrema professionalità
spiegandomi che quel mio ricordo era all'interno di una sacca di
memoria sensoriale visiva e che, all'interno della nostra mente,
possono esserci sia ricordi iconici che ricordi a persistenza visiva,
e che vi è inoltre, una memoria uditiva fatta come una specie di
registro sonoro e vocale ben distinto. Le sedute dalla fisioterapista
furono quattro in totale, iniziò col manipolarmi la coscia destra
poi passo al polpaccio e poi al piede e alla caviglia, ogni volta,
mentre sfregava ossessivamente su i muscoli intorpiditi, mi dava delle
piccoli lezioni di fisiologia sulla memoria sensoriale.
A volte la mia memoria mi crea dei piccoli problemi,
spesso le persone confondono le mia buone capacità mnemoniche con
stati appartenenti a sfere più intime e personali; la gente infatti,
crede che io sia particolarmente affezionato a loro solo perché
sono in grado di ricordare per lungo tempo la loro voce o i
lineamenti del loro volto. C'era per esempio un pittore dilettante che si
guadagna onestamente da vivere facendo l'impiegato di banca in una
filiale del Banco di Brescia, in passato, questo pittore dilettante aveva provato a
contattarmi, all'epoca lavoravo per una squallida galleria d'arte. Il pittore dilettante mi aveva proposto alcuni dei suoi lavori, io avevo sempre reindirizzato le sue richieste ai capi della galleria, qualche volta il pittore dilettante era anche passato a trovarci in galleria, io gli avevo lasciato anche il mio numero di telefono e lui mi aveva chiamato per chiedermi come era la situazione in galleria. Quel pittore dilettante era una persona comune, piena di cose comuni da dire e vestito come tutti con gli abiti presi in sconto da Coin. Da quei nostri contatti sporadici non era accaduto mai nulla di memorabile eppure la sua voce, leggermente nasale e il suo
accento ibrido, mi sono rimasti in testa. Ma a quel pittore dilettante è meglio non concedere troppe attenzioni, infatti, un lunedì
pomeriggio mentre uscivo di casa, ricevetti una chiamata al
cellulare. Sullo schermo vidi comparire un numero di telefono sconosciuto, il prefisso era quello dell'area urbana di Brescia, risposi al telefono
e mi accorsi che era il pittore dilettante.
«Ciao» disse una
voce nasale e dall'accento ibrido «ti ricordi di me?»
«Ciao»
risposi senza indugiare e con l'aria di uno che risponde alla
chiamata di un amico o di un conoscente con cui a volte beve un
caffe «mi ricordo di te.»
«Ma allora ti
ricordi davvero di me?» disse la voce all'altro capo del telefono.
«Certo» feci io.
«Fantastico» fece lui come soddisfatto e, dopo il breve tempo che gli ci volle per riprendere fiato, iniziò a raccontarmi la parte della sua vita da pittore dilettante che non conoscevo e che mi ero perso in quei quattro anni in cui non ci eravamo ne sentiti ne visti. Io lo ascoltai per quasi cinque minuti senza interromperlo, ma ad un certo punto capii
che il pittore dilettante stava fraintendendo la mia disponibilità ad ascoltarlo e che iniziasse a pensare che io fossi davvero interessato alle sue cose da pittore dilettante quindi, mentre lui continuava a parlare, io
cominciai a riflettere sul modo e sul momento più opportuno per
fugare quel malinteso, quel fraintendimento.
«... si capisco»
dissi ad un tratto, senza paura di interrompere l'elenco
alfanumerico delle mostre da hobbista, attaccando poi con ciò
che mi stava particolarmente a cuore «sai pittore dilettante, se mi ricordo di
te non è perché io ritenga il tuo lavoro particolarmente meritevole
o perché, in qualità di rappresentante di un ex istituzione
commerciale dedita alla vendita di opere d'arte – sai
nel frattempo non lavoro più in galleria – vi possano essere
prospettive lavorative e commerciali per la tua attività da pittore dilettante,
in realtà ricordo vividamente la tua voce e riconosco distintamente
la tua parlata dall'accento ibrido... ma continua pure, ti ascolto.»
Il pittore dilettante bofonchiò
ancora qualche parola, ma nulla che avesse a che fare con la sua
attività di hobbista pittore, la comunicazione si interruppe e io
non ebbi più notizie dirette di quel pittore dilettante, ma ho saputo, attraverso un amico che lavora nel magazzino di un mobilificio di Rezzato, che quel pittore dilettante continua a dipingere e che ha organizzato delle mostre
di pittura all'interno di sei grossi negozi di arredamento sparsi
nell'entroterra delle provincie di Brescia, Mantova e Cremona. Di questa cosa, di questa che mi ha detto il mio amico che lavora a Rezzato, sono molto contento, lo sono perché almeno il pittore dilettante non si è dato all'alcol, ne ha iniziato a fracassare i vasi per strada, ne ha provato a urlare cose sconce alla fermata del bus, ne a scrivere frasi con vernice rossa sui muti, insomma nonostante quella mia confessione, credo che il pittore dilettante sia ancora contento e creda ancora di poter migliorare il mondo con il suo lavoro, o almeno le provincie di Brescia, Mantova e Cremona.
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