giovedì 3 ottobre 2013

Raccolta abiti usati














Frequentavo Melania da meno di sei mesi, stavamo bene insieme e nessuno dei due si sentiva in obbligo di chiedere se voleva passare del tempo con l'altro. Eravamo originari di posti diversi, ma abitavamo nella stessa città, Melania non amava parlare del suo passato e raccontavo abbastanza storie per entrambi. A novembre di quell'anno mio fratello cadde dal ponte levatoio su cui stava lavorando, si ruppe due costole e si incrinò una vertebra, mi disse che in ospedale era attaccato a dei fili che lo tiravano e lo tenevano dritto, decisi di andarlo a trovare. A casa nessuno sapeva di me e Melania, mio padre era fuori per lavoro, partito per un viaggio all'est, forse in Ungheria; mia madre era troppo occupata con le sue opere di misericordia per interessarsi d'altro. La sera prima di partire io e Melania c'eravamo detti che ci fidavamo l'uno dell'altro, avevamo fatto l'amore e lei aveva dormito a casa mia. Quando arrivai a casa dei miei genitori iniziò a piovere e fui costretto a rovistare tra le mie cose vecchie per trovare qualsiasi indumento pesante abbastanza per non prendermi un accidenti. In soffitta era scomparso quasi tutto, c'erano sacchi con su scritto CARITAS, sembrava un centro di smistamento viveri della protezione civile. La mamma però aveva risparmiato ai poveri e ai diseredati l'umiliazione di indossare una mia vecchia giacchetta di velluto blu, così potei usarla e rendermi ridicolo come un venditore di enciclopedie. In ospedale mio fratello era in una camera con altri tre uomini ingessati e immobilizzati da qualche lato o a qualche cosa, fumavano in camera anche se era proibito, in quella stanza tutto puzzava di fumo di sigarette. Passai nel pomeriggio, durante l'orario di visite e trovai mio fratello immobile con la pancia ricoperta di carte da gioco e cenere. Luca mi disse che si annoiava e che la cosa peggiore era cagare in quella pala d'acciaio fredda e puzzolente, l'infermiere passava tre volte al giorno, se gli scappava bene, altrimenti non gli restava che stringere il culo e aspettare il giro successivo. Gli lasciai qualche pacchetto di sigarette, dei succhi di frutta e delle confezioni di noccioline salate. Dalle stanze usciva la voce confusa delle televisioni, gli ospiti si affrettavano a lasciare l'ospedale, la marcia rumorosa era regolata dall'incitamento degli infermieri di turno. Arrivato all'ascensore una mano mi strinse con delicatezza una spalla, era Lisa, la ragazza con cui avevo lavorato nel negozio di elettrodomestici l'estate prima di partire per l'università. Sembrava contenta di vedermi, mi chiese cosa stessi facendo e per quale motivo non l'avvertivo mai del mio ritorno, le dissi che avevo ricominciato a studiare, che avevo intenzione di laurearmi e che passavo poco tempo a casa e che quella volta ero lì solo perché mio fratello aveva avuto la sfiga di precipitare da sei metri d'altezza. Lisa era una ragazza simpatica, ai tempi del lavoro aveva un fidanzato stronzo che giocava a fare l'uomo impossibile, lei diceva di amarlo e non sprecava una pausa per raccontarmi tutto della sua storia d'amore, con noi lavorava anche Betti una ragazza con un naso arcuato come i ganci dei macellai. Quella sera in ospedale Lisa mi disse che la sua storia a distanza era finita, che Betti si era operata al naso e che al negozio di elettrodomestici qualcuno parlava ancora male di me. L'accompagnai al parcheggio, io ero in metro, lei mi offrì un passaggio che rifiutai ma poi, quando mi chiese se avevo voglia di bere qualcosa con lei e con Betty, quella sera stessa, le dissi di si, così salimmo entrambi sulla sua macchina e andammo in un bar al centro commerciale dove Betty, il suo nuovo naso e il suo vecchio fidanzato ci stavano aspettando ad un tavolino per quattro. Betty stava davvero bene, la sua faccia sembrava completamente diversa rispetto al ricordo che ne avevo, era raggiante, sorrideva tantissimo e la prima cosa che mi disse quando mi vide fu che stavo benissimo con quella giacca di velluto. Le dissi che odiavo quella giacchetta, ma che se lei la trovava carina forse poi non era tanto male. La serata trascorse in maniera tranquilla, Lisa e il fidanzato di Betty, un tipo di cui non ricordo il nome, a volte si estraniavano dal discorso, a parlare era quasi sempre Betty, mi faceva domande su qualsiasi cosa e io le rispondevo inventandomi storie inverosimili. Quando decidemmo di andare via Lisa si offrì di riaccompagnarmi a casa, ci salutammo e quando Betty si alzò in piedi notai che oltre alla sua faccia mi ero dimenticato anche delle sue belle tette. In macchina Lisa mi disse che da quando Betty si era fatta rimettere a posto il naso era cambiata, disse che sembrava una cagnetta con il culo per aria, mi disse che tradiva il suo ragazzo e che trovava tutto ciò orribile. Pensai che era solo invidiosa, quando mi chiese se io avevo qualcuno di speciale, io gli risposi me stesso senza fare cenno alcuno a Melania. Quando arrivammo a casa ci promettemmo vagamente di tenerci in contatto, poi corsi in bagno guardai la giacchetta e composi il numero di Betty.