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martedì 10 dicembre 2013

Luise





















Se Luise sapesse, se ieri, mentre mi allungava quei due wurst di Brema avvolti nella pancetta, avesse saputo di quante volte io, dalla finestra di casa, l'avevo guardata andare su e giù tra il banco e i tavoli, di tutte quelle volte che avevo urlato da solo, che avevo disperato di arrivare al giorno seguente e di rivederla, puntuale come sempre, aprire la porta del suo locale, bhè credo che se avesse saputo tutto ciò e se sapesse tutto ciò, forse non avrebbe potuto servirmi quei due wurst avvolti nella pancetta e quella montagna di patatine e crauti in aceto. Luise non lo sa, ma lei, solo lei, è la persona che mi conosce meglio qui in Austria. Luise vive con suo marito ed entrambi accudiscono il loro cane, il marito, il signor marito di Luise, è il solo che porta a spasso il cane, Luise non lo fa, non ha tempo, non ne ha di tempo lei. Il cane di Luise è un cane semplice, se solo io fossi in grado di riconoscere i cani, ovvero le razze canine e tutto ciò che c'è da sapere sui cani, io sono sicuro che non mi costerebbe nessuno sforzo riconoscere il tipo di razza del cane di Luise. Il cane di Luise fa lunghe passeggiate in spazi ridotti, solitamente si muove tra Grillparzerstraße e Raimundstraße, a volte si spinge giù fino a Wienerstraße, ma quando lo fa solitamente è per una buona ragione, per andare al tabacchino o per comprare un pacchetto di tovagliolini da tavola. Luise non sa di essere la persona qui in Austria a sapere più cose sul mio conto, lei, la signora Luise, ignora di sapere e anche per ciò non ha problemi a non servirmi o a non avermi servito delle Schnietzel per cena, lei, la signora Luise serve Schnietzel solo a pranzo e tiene chiusa la cucina dopo le 13:00. Io non so nulla della signora Luise, o meglio non so nulla che non possa sapere osservandola mentre muove la testa avanti e indietro nello spazio del suo locale, o sfregare le sue gambe nel piumino color senape che le arriva alle caviglie o trascinare il carrellino della spesa colmo di patate e olio per la frittura. Della signora Luise posso dire che è titolare o gestrice di una trattoria, una Gasthaus è così che la chiamano qui in Austria la trattoria, che ha un marito, o almeno un uomo con cui sembra essere in confidenza, che entrambi si prendono cura di un cane, che posseggono una CREISLER color petrolio, che si alza presto la mattina, che lava i capelli una sola volta alla settimana, che tinge i capelli, che lava una sola volta alla settimana, con una colorazione dai toni violacei simil prugna, che lascia che una ragazza magra e dall'aspetto attraente lavori per qualche ora al suo posto durante il primo pomeriggio nei giorni di martedì e mercoledì, che tiene chiuso il suo locale il venerdì, che il sabato e la domenica, invece, il locale è aperto solo a pranzo, che possiede ben cinque lavagnette per Tagesangebote, che una di queste lavagnette è sponsorizzata dalla birra Grieskirchner, che per alcuni giorni del mese di novembre una delle lampadine delle lampade di uno dei tre tavoli, quello al centro, non ha funzionato, che ha messo le decorazioni di natale il giorno due di dicembre, che a volte compra quello che le manca al BILLA, che usa il tram da Goethekreuzung fino a Unionkreuzung, che suo marito, il marito della signora Luise ha la tendenza ad alzare il gomito e che spesso esce dal locale, durante il pomeriggio, alquanto ubriaco barcollando e accendendosi una sigaretta, che la millantata cucina della nonna (Oma in lingua tedesca) altro non è che la cucina della stessa Luise che credo non sia nonna né madre, che ogni mezzogiorno, di ogni giorno feriale, escluso il venerdì, una squadra di operai edili, composta da un quattro uomini maturi e da un giovane apprendista, mangiano al tavolo di sinistra, del suo locale, e che uno dei cinque - non saprei chi - beve sempre una seconda birra grande alla fine del pasto, che il locale è frequentato volentieri dai ciechi della vicina scuola per ciechi, che ogni mattina un anziano signore con difficoltà motorie arriva con la sua mercedes alle dieci o dieci e un quarto per bere qualche birra e fumare qualche sigaretta, che questo signore, che arriva per bere e per fumare all'interno del locale di Luise, avvolte viene accompagnato da una donna con un'auto diversa dalla mercedes e che quest'uomo è in qualche modo imparentato con Luise stessa o con il marito della stessa Luise. Ecco la signora Luise sa ogni cosa di me, le è bastato vedermi una volta, la volta di ieri, per sapere tutto di me, ma io sapevo che la signora Luise sapeva ogni cosa di me, come nessuno può sapere qui in Austria - una nazione diversa dalla mia - dove tutti mi conoscono appena e dove io stesso ho difficoltà a parlare correttamente la lingua tedesca che è la lingua che si parla qua in Austria, anche se con qualche variante dialettale che a volte spinge gli austriaci a chimera tedesco d'Austria o austriaco il tedesco che loro parlano comunemente.  

giovedì 3 ottobre 2013

Raccolta abiti usati














Frequentavo Melania da meno di sei mesi, stavamo bene insieme e nessuno dei due si sentiva in obbligo di chiedere se voleva passare del tempo con l'altro. Eravamo originari di posti diversi, ma abitavamo nella stessa città, Melania non amava parlare del suo passato e raccontavo abbastanza storie per entrambi. A novembre di quell'anno mio fratello cadde dal ponte levatoio su cui stava lavorando, si ruppe due costole e si incrinò una vertebra, mi disse che in ospedale era attaccato a dei fili che lo tiravano e lo tenevano dritto, decisi di andarlo a trovare. A casa nessuno sapeva di me e Melania, mio padre era fuori per lavoro, partito per un viaggio all'est, forse in Ungheria; mia madre era troppo occupata con le sue opere di misericordia per interessarsi d'altro. La sera prima di partire io e Melania c'eravamo detti che ci fidavamo l'uno dell'altro, avevamo fatto l'amore e lei aveva dormito a casa mia. Quando arrivai a casa dei miei genitori iniziò a piovere e fui costretto a rovistare tra le mie cose vecchie per trovare qualsiasi indumento pesante abbastanza per non prendermi un accidenti. In soffitta era scomparso quasi tutto, c'erano sacchi con su scritto CARITAS, sembrava un centro di smistamento viveri della protezione civile. La mamma però aveva risparmiato ai poveri e ai diseredati l'umiliazione di indossare una mia vecchia giacchetta di velluto blu, così potei usarla e rendermi ridicolo come un venditore di enciclopedie. In ospedale mio fratello era in una camera con altri tre uomini ingessati e immobilizzati da qualche lato o a qualche cosa, fumavano in camera anche se era proibito, in quella stanza tutto puzzava di fumo di sigarette. Passai nel pomeriggio, durante l'orario di visite e trovai mio fratello immobile con la pancia ricoperta di carte da gioco e cenere. Luca mi disse che si annoiava e che la cosa peggiore era cagare in quella pala d'acciaio fredda e puzzolente, l'infermiere passava tre volte al giorno, se gli scappava bene, altrimenti non gli restava che stringere il culo e aspettare il giro successivo. Gli lasciai qualche pacchetto di sigarette, dei succhi di frutta e delle confezioni di noccioline salate. Dalle stanze usciva la voce confusa delle televisioni, gli ospiti si affrettavano a lasciare l'ospedale, la marcia rumorosa era regolata dall'incitamento degli infermieri di turno. Arrivato all'ascensore una mano mi strinse con delicatezza una spalla, era Lisa, la ragazza con cui avevo lavorato nel negozio di elettrodomestici l'estate prima di partire per l'università. Sembrava contenta di vedermi, mi chiese cosa stessi facendo e per quale motivo non l'avvertivo mai del mio ritorno, le dissi che avevo ricominciato a studiare, che avevo intenzione di laurearmi e che passavo poco tempo a casa e che quella volta ero lì solo perché mio fratello aveva avuto la sfiga di precipitare da sei metri d'altezza. Lisa era una ragazza simpatica, ai tempi del lavoro aveva un fidanzato stronzo che giocava a fare l'uomo impossibile, lei diceva di amarlo e non sprecava una pausa per raccontarmi tutto della sua storia d'amore, con noi lavorava anche Betti una ragazza con un naso arcuato come i ganci dei macellai. Quella sera in ospedale Lisa mi disse che la sua storia a distanza era finita, che Betti si era operata al naso e che al negozio di elettrodomestici qualcuno parlava ancora male di me. L'accompagnai al parcheggio, io ero in metro, lei mi offrì un passaggio che rifiutai ma poi, quando mi chiese se avevo voglia di bere qualcosa con lei e con Betty, quella sera stessa, le dissi di si, così salimmo entrambi sulla sua macchina e andammo in un bar al centro commerciale dove Betty, il suo nuovo naso e il suo vecchio fidanzato ci stavano aspettando ad un tavolino per quattro. Betty stava davvero bene, la sua faccia sembrava completamente diversa rispetto al ricordo che ne avevo, era raggiante, sorrideva tantissimo e la prima cosa che mi disse quando mi vide fu che stavo benissimo con quella giacca di velluto. Le dissi che odiavo quella giacchetta, ma che se lei la trovava carina forse poi non era tanto male. La serata trascorse in maniera tranquilla, Lisa e il fidanzato di Betty, un tipo di cui non ricordo il nome, a volte si estraniavano dal discorso, a parlare era quasi sempre Betty, mi faceva domande su qualsiasi cosa e io le rispondevo inventandomi storie inverosimili. Quando decidemmo di andare via Lisa si offrì di riaccompagnarmi a casa, ci salutammo e quando Betty si alzò in piedi notai che oltre alla sua faccia mi ero dimenticato anche delle sue belle tette. In macchina Lisa mi disse che da quando Betty si era fatta rimettere a posto il naso era cambiata, disse che sembrava una cagnetta con il culo per aria, mi disse che tradiva il suo ragazzo e che trovava tutto ciò orribile. Pensai che era solo invidiosa, quando mi chiese se io avevo qualcuno di speciale, io gli risposi me stesso senza fare cenno alcuno a Melania. Quando arrivammo a casa ci promettemmo vagamente di tenerci in contatto, poi corsi in bagno guardai la giacchetta e composi il numero di Betty.        

   

venerdì 25 maggio 2012

aritmetica per ragioniere














I piedi freddi sotto le lenzuola e la testa grande come un pallone, mi dicevi che era cominciato il tempo delle decisioni e io fissavo il soffitto dell'indeterminatezza.
Correvo nonostante le ginocchia. 
Provavo a invertire i discorsi, a pronunciare le tue parole, speravo che l'aritmetica elementare servisse anche fuori dalla scuola.
Siamo spariti con l'ossessione del dottore. 
Hai acceso la tua sigaretta schermando l'ombra della tua fiamma azzurra. Continuavo a credere che il fumo negli stivali abbassa la temperatura e tu continuavi a dirmi che invece non incide sulle tue decisioni. Siamo spariti nelle strisce blu, scomparsi in un parcheggio a pagamento, svaniti  a un euro e cinquanta all'ora: liberati. 
Senza impegno nei festivi. 

E poi la saggezza di chi piscia controvento vale quanto i suoi pantaloni bagnati.