sabato 30 marzo 2013

Al SerT ci chiamavano timidi




























Al SerT ci chiamavano timidi

In classe eravamo tre, io da una parte e due miei compagni dall'altra, eravamo in una stanza dell'ambulatorio, non c'ero mai entrato in ambulatorio a scuola. Luci bianche e odore di disinfettante misto a fumo vecchio e stantio. L'infermiera aveva il rossetto sbavato e il rosso dipinto sulle labbra le metteva in risalto la peluria nera dei sui baffi da donna in attesa della menopausa. Schierati al muro come in attesa di giudizio ci fecero domande, osservandoci come scimmie allo zoo. I mie compagni di classe non mi guardavano negli occhi, bypassavano il mio sguardo, parlottavano sul posto, guardando un punto indefinito tra la bombola di butano del fornelletto per il caffè e la bottiglia di plastica affogata di cicche di sigarette. 

Eravamo stati selezionati a campione. Dicevano che avevamo problemi con le sostanze stupefacenti, ci dissero che saremmo stati guidati, assistiti, in questo modo ci avrebbero aiutati ad evitare pericolose dipendenze. Due ore a settimana potevamo saltare scuola, chiuderci nel laboratorio computer a guardare su degli schermi da 14 pollici, dei video in cui persone con occhiaie blu dipinte sul volto barcollavano in cerca di qualcosa in finte periferie ricostruite nel centro di Piacenza. Persone che pronunciavano parole che non avevo mai sentito e che facevano cose che nessuno di noi aveva mai preso in considerazione. Era un progetto del SerT per gli studenti delle superiori, studenti buoni che danno una mano a studenti cattivi a venir fuori da situazioni difficili. La bianca colomba posa il suo petto immacolato sulla testa e riconduce sta cazzo di pecorella all'ovile. Le settimane passavano e l'imbarazzo era sempre lo stesso, ci ignoravamo in classe e alle sedute del SerT gli sguardi continuavano a divergere. 

Il colore del mattino a volte aveva l'odore del fumo ingoiato di fretta, il posto migliore per starsene in pace era il giardinetto davanti alle sbarre della finestra dell'ambulatorio. Il sole trapelava dalle linee della ferrovia e brillava sbattendo sugli scambi. All'interno era buio ma nel nero, la luce infiltratasi per riflesso, apriva coni di chiarezza. Immagini di movimenti regolari, una bocca che ingoia un cazzo stretto tra la fessura della cerniera, la cinta dei pantaloni e la sporgenza della pancia di un uomo costretto ad una vita sedentaria. 

Al progetto del SerT conclusero con un opuscolo, c'era una frase, la scrissero gli studenti buoni e faceva:

Solitamente timidi e impacciati, divengono spigliati e decisi quando si tratta di somministrarsi sostanze stupefacenti.

Tre mesi al SerT per capire che si era timidi. 

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