venerdì 27 luglio 2012

Consigli pratici per evitare la congestione





































Era da poco passata l'ora di pranzo, le carte dei due panini che avevamo mangiato giacevano sotto un mucchietto di sabbia nera. Il figlio di Luana aveva male alla schiena e intorno alle nostre sedie colorate volteggiava un ragazzino con le ciglia folte come un orco che ci guardava con la ferma stupidità di un incosciente. Non so perché continuavamo ad andare al mare, non so nemmeno perché continuavo a stare con Luana. Il figlio mi odiava, dall'alto dei suoi sette anni, provava un rancore adulto che cresceva ad ogni urlo di piacere che le mura della loro casa popolare non riusciva a contenere.
Era passata l'ora di pranzo, era il momento dell'attesa, era il momento in cui è inutile stare vicino ad uno specchio d'acqua. Il sole aveva scansato due grosse nuvole e sembrava dirigersi di corsa al centro del cielo, scagliava con forza tutti i raggi di cui disponeva che, nonostante l'ombrellone di stoffa, penetravano dritti sotto la calotta per arrostirci la cute.
Luana aveva perso il marito tre anni fa, scomparso nelle corsie di un ospedale enorme e senza senso, Luana era rimasta sola con il suo bambino, Luana era come un avvocato non aveva speranze se non quelle precedentemente messe per iscritto. Tra me e il figlio di Luana erano state poche le occasioni per socializzare, quel ragazzino non voleva aprire bocca in mia presenza, non voleva darmi nessun segno che potessi equivocare come familiare. 
L'aria del mare si confondeva con l'odore dei pomodori ancora stretti nel tunnel del mio esofago, odiavo quella sensazione, odiavo il sole. 
- Accendimi una sigaretta - fece Luana indicandomi la sua borsa di paglia.
- Non dovresti fumare con sto caldo - rispose il bambino.
- Accendimi una sigaretta - ripeté Luana ignorando la protesta salutista del figlio.
Il fumo annebbiava la piccola frazione di area al riparo dal sole correndo verso l'alto come aspirato da un condotto immaginario. I bagnanti vivevano un piccolo letargo silenzioso frutto di una sonnolenza postprandiale, il solo ragazzino dalle ciglia folte metteva alla prova la cute dei suoi plantari passeggiando sulla sabbia arroventata. 
Avevo sperato di ricominciare con Luana, di ripartire dai cocci di una famiglia in frantumi, ma sembrava inutile, dispendioso, senza senso, quella sarebbe stata l'ultima giornata di mare - pensai - forse l'ultima ora, ma poi il figlio di Luana mi disse:
- Guarda là - indicando una macchia bianca nel grigio del mare.
Seguendo la linea esile del dito indice del piccolo, scorsi una vacca decapitata e putrescente che galleggiava verso la battigia accompagnata dall'orbita frenetica di uno sciame di insetti.  
Si sentirono delle urla, poi qualcuno si decise a chiamare i vigili urbani e in meno di mezzora il cadavere fu rimosso dalla spiaggia con l'ausilio di un braccio meccanico di metallo. Io e Nicola restammo a guardare quella rimozione come due  passanti disinteressati, erano da poco passate le due e il ragazzino guardandomi mi chiese: 
- Posso fare il bagno adesso?  


Nessun commento: