domenica 30 ottobre 2011

autumn guest II

Raffaella Migliaccio scrive una storia per Chair King




Solido liquido e gassoso 

Piero se ne stava seduto fuori sugli scalini di casa sua, in giardino. Con il sussidiario sulle gambe, a fare i compiti per il giorno dopo. I tre stati fisici: liquido solido e gassoso. Ripeteva le parole del libro: “Si dice che le cose sono fatte di materia. Anche le stelle più lontane. Un corpo può essere: solido, liquido o gassoso.” Gli pareva facile, guardò le figure sul libro, e poi continuò a leggere “un solido lo puoi prendere, posare, spezzare, lanciare… lo puoi piegare come un pezzo di carta, deformare come una gomma. Le parti di un liquido non stanno insieme come nei solidi, prendono la forma del recipiente che li contiene. Mentre le parti di un gas non stanno insieme per niente, occupano tutto lo spazio disponibile".
Si lasciava riscaldare le ossa dal sole. Stava con le dita nel naso a guardare il cane che cercava col muso tra i fiori le lucertole, pulendosi poi a terra il dito grasso. Il cane teneva sotto tiro una lucertola che si nascondeva tra un cespuglio, e con delicati movimenti della zampa tentava di accopparla. Con il muso tra i fiori, cercava di capire dove stava nascosta sniffando rumorosamente. Piero si mise a schiacciare col piede i piccoli ragnetti rossi che si muovevano impazziti, osservava i puntini correre e ne vide due più grossi che stavano l’uno su l’altro. Si guardò la suola che aveva tante piccole macchie rosse. Il cane stette un poco sulla porta, ascoltando le urla che venivano dalla casa, di sua madre e suo padre che litigavano, come succedeva quasi sempre. Poi si avvicinò a Piero muovendo la lunga coda nell’aria, cercando di fargli capire che voleva essere accarezzato.
Piero cominciò, grattandogli in modo frettoloso lo spazio tra le orecchie, poi gli disse: 
“Vai a giocare, lasciami studiare, vai” spingendolo con le sue mani tozze. Poi si infilò l’indice nel naso mentre ripeteva le definizioni sul libro.
Il cane si distese sull’erba. Teneva la testa alta e la lingua di fuori, ansimando. Il pelo lucido sembrava brillare al sole.
Piero iniziò a sudare, tirò su le maniche del maglione e si sventolò il libro sulla faccia, sbuffando. Tra poco doveva prepararsi per andare in piscina. Lui non voleva andarci, ogni volta la pregava, le diceva che aveva paura dell’acqua, che non gli piaceva proprio nuotare ma la mamma lo sgridava che era grasso, troppo grasso: il pediatra aveva detto che doveva fare sport, che un bambino di nove anni non poteva essere così grasso, un giorno si sarebbe vergognato di tutto quel grasso.
Lui a volte piangeva pure, ma solo un poco.
Entrò in casa col libro sotto il braccio e corse a prepararsi per la piscina, come gli aveva detto la mamma. A lui piaceva preparare la borsa, mettere le cose al loro posto, fare ordine, ma odiava la piscina.
Mentre facevano la ginnastica di riscaldamento gli altri bambini lo guardavano. Perchè lui era grasso, questo lo sapeva. L’elastico del costume gli strizzava sui fianchi, e la pancia cadeva in morbidi e pallidi rotolini. Le grosse e flaccide gambe, prive di peluria, si divaricavano alle ginocchia e terminavano nei piedi bianchicci, anch’essi grassi.
Si piegava in avanti per raggiungere i piedi, e ansimava.
In acqua non badava agli altri, faceva le vasche con una tavoletta cercando di non pensare a quanto odiava nuotare, l’acqua, gli altri bambini, lui quasi nudo.
A metà lezione l’insegnante gli disse: 
“Oggi devi imparare senza la tavoletta. Ora proviamo insieme. Poi fai da solo”.
“Ma io non voglio. Oggi non mi va” fece con la voce lamentosa.
“Devi farlo” fece quella, prendendogli la tavoletta. La lasciò su uno dei bordi della piscina, aveva le braccia e le gambe lunghe, ben modellate ma grandi, e la pelle era bruna.
“Ma tu mi starai vicino?”
Dopo averlo fatto nuotare con lei, la tizia uscì dall’acqua. Lui stava dove non si toccava, le diceva “Non ce la faccio, non ce la faccio”. Quella lo incitava con i vai, muovi le gambe, le braccia, fai così, e tutto il resto. Piero annaspava, sentiva che stava per annegare, che non ce l’avrebbe fatta. Urlò, poi. E quella, dopo qualche minuto che a Piero parve un’ora intera, lo aiutò con un lungo bastone a uscire. Poi lo guardò come se avesse fatto chissà che cosa, non disse nulla, lo guardò solo per qualche secondo mentre si riprendeva e infine gli disse “Puoi andare”.
Si lavò e si asciugò negli spogliatoi sempre in silenzio. Fuori l’insegnante parlava con la madre. Si avvicinò e sentì che le stava raccontando che non era stato capace di nuotare da solo.
Piero non le guardava. Stava con la testa bassa e le ascoltava parlare di lui come se non ci fosse. Sua madre raccontava di quanto fosse pigro, e di quanti sforzi facesse per farlo diventare più attivo. Avvertì una leggera fitta, poi gli colarono giù dal naso gocce di sangue. Le sentiva scorrergli sul labbro verso il basso.
Guardò le macchie rosse sul pavimento chiaro e pensò “Stato liquido”.


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