sabato 21 gennaio 2012

Crociera per due





















Ogni anno comprava un biglietto della lotteria alla festa dell'Assunta, ogni anno sperava di vincere quella cazzo di FiatPunto, ma quest'anno le cose erano cambiate. Il tipo al banchetto che staccava i tagliandi gli aveva illustrato i premi con un entusiasmo modesto:

1 Viaggio crociera nel Mediterraneo;
2 Televisore LCD;
3 Viaggio a San Giovanni Rotondo (FG);
4 Prosciutto crudo KG 3.
L'aveva preso lo stesso il biglietto, anche senza la FiatPunto la lotteria gli sembrava un modo intelligente di spendere le proprie speranze, serie AF 4723, aveva lasciato nome: Marcello, cognome: Ficardo, e il numero del cellulare.
La luminaria tingeva la folla di un colore caldo e tendente al rosso, un vecchio cantante intratteneva un pubblico di montanari apatici e abitudinari. Marcello aveva voglia di divertirsi, di passare quella sera senza essere inondato dal ricordo di Giovanna. Quella sera aveva voglia di sperare, di credere nella fortuna, di credere che quei tre euro per il biglietto della lotteria non erano stati spesi male.
Il viadotto dell'autostrada sovrastava le casette ammassate tra il letto del fiume in secca e la montagna; una serie sconfinata di balconate con ferri sporgenti conferiva al paesaggio un'aria di decrepita precarietà. Le case lungo il corso erano quasi tutte disabitate, seconde e terze case costruite per occupare spazi che una volta erano a appannaggio di porcospini e cinghiali. Litri di profumo scadente si miscelavano all'odore di sudore generando un puzzo nauseabondo che si spargeva nell'aria viaggiando appaiato alle nubi di fritto e alle fumate bianco cenere delle sigarette.
La FiatPunto era stata eliminata; la crisi, il fatto che gli incentivi statali non c'erano più e il conseguente calo delle vendite in concessionaria, aveva costretto la signora Veronica – la benefattrice della concessionaria Fiat – a sospendere quella generosa donazione alla Madonna. Il tipo che staccava i biglietti tentava di spiegare a Marcello che la signora Veronica aveva comunque provveduto agli altri premi, ma che le era stato impossibile compiere lo "sforzo" dell'automobile.
La coda al banchetto andava ingrossandosi, mancavano poco meno di 30 minuti alla chiusura delle vendite dei numeri e qualche contadino con le banconote arricciate in un mazzo voluminoso e sporco, tenuto unito da un elastico, tentava la sorte comprando intere serie di tagliandi.
Marcello guardava la patetica esibizione dei musicisti buttando l'occhio su qualche ragazza agghindata come una vacca da fiera, erano tutte in cerca di buona sorte o almeno di qualche onesto lavoratore. Sul palco il cantante pronunciava in continuazione il nome del paese con un'accento emiliano-romagnolo che rendeva incomprensibile a molti il riferimento geografico. I membri della band erano tutti avanti con gli anni per quel mestiere; dalle camicie nere e vinaccia, attillate sui fianchi, spuntavano pance trattenute a stento dai bottoni in finta madreperla. Il bassista provava a scuotere la testa nell'aria senza riuscire a smuovere i pochi capelli che campeggiavano su di una pelata cotta dal sole. Erano arrivati all'ultima canzone e sul palco li raggiunse l'impresario della lotteria dell'Assunta con l'urna dei biglietti.
Marcello oramai stava risalendo a ritroso il corso facendosi largo tra gli spettatori, aveva perso interesse per i premi e l'intento di scordarsi almeno per una sera di Giovanna era naufragato nel profumo scadente delle donne accalcate dinnanzi al palco della festa. Non era mai stato in crociera e non era proprio sicuro di volerci andare. Il biglietto, che sino a quel momento aveva stretto in mano come a dimostrare una sorta di attaccamento emotivo, l'aveva già riposto nel taschino della camicia. Era diretto alla terrazza dei noccioli, ci era sempre andato con Giovanna; una volta avevano portato con loro anche la madre di lei, era un posto tranquillo, da dove si poteva godere in santa pace dei fuochi d'artificio che avrebbero chiuso la festa e disperso la calca di contadini e paesani. Ripensando all'anno passato rimpiangeva di non aver stretto abbastanza a sé Giovanna, di non averle detto che l'amava, di non averla baciata o almeno di non essersela scopata qualche volta in più. Quando giunse in cima si accorse di essere da solo, sporgendosi oltre il guardrail di ferro zincato, che divideva il bosco di noccioli dalla provinciale, poteva scorgere una fila ordinata di famiglie e bambini salire per prendere posto. Una FiatBravo rossa, segnata da un enorme adesivo pubblicitario della concessionaria Figlioli, risaliva la provinciale a passo d'uomo. Dall'auto discese la signora Veronica e il figlio Umberto con moglie e figli, in macchina restava solo Tonio, il marito della signora Veronica. La signora Veronica era stata una venditrice formidabile e un instancabile oratrice, non smetteva mai di ripetere che grazie a lei, grazie alle centinaia di FiatRitmo che aveva venduto negli anni ottanta, l'avvocato Agnelli aveva comprato Platini. Un anno, era il 1981, aveva ricevuto anche una targa dalla Fiat in cui si attestava che la sua era la concessionaria che aveva venduto il maggior numero di FiatRitmo dell'intera penisola. Le cose però da qualche tempo non le andavano più tanto bene. Tutto era iniziato coi produttori asiatici, TOYOTA e HYUNDAI in particolar modo, che gli avevano rubato una gran numero di clienti e con il costo della benzina e con le tasse e con gli acciacchi del marito.
La signora Veronica era una donna sulla cinquantina, curatissima, sempre attenta all'abbigliamento e orgogliosa del proprio aspetto; quella sera sembrava una madonna sull'altare con il suo girocollo in oro massiccio, i suoi orecchini di perla, i suoi anelli, le sue spille, il suo cammeo e il suo fermacapelli d'oro e brillanti. Era abbronzatissima, quasi color crema di nocciola, a guardarla da lontano sembrava che tutto l'oro che aveva addosso camminasse da solo nell'oscurità. Aveva un vestitino a tubetto con un abbondantissima scollatura che lasciava spazio a sufficienza per lo spacco del seno e per il vistoso girocollo in oro. I capelli erano corti, un ciuffo appena più lungo le calava sulla fronte trattenuto però da quel suo grosso fermaglio simile ad una coroncina di brillanti. La signora Veronica aveva la stessa età della madre di Marcello, non erano propriamente amiche ma a volte si intrattenevano parlando dei rispettivi figli e di tutte quelle cose che due signore della stessa età possono avere in comune, anche se, fatta eccezione per quelle similitudini superficiali, per il resto erano diverse in tutto.
«Beh e tu che ci fai tutto solo qui a guardare i fuochi?» fece la signora Veronica accorgendosi che Marcello la fissava «Che, hai litigato con la fidanzata?»
«Signora.. buona sera» fece Marcello «a volte è meglio starsene un po da soli.»
Marcello cercò di essere il più gentile possibile provando a sottrarsi con la vaghezza a quella domanda pettegola pronunciata con la sfacciataggine di chi sa ma finge di non sapere.
«Bravo, bravo; saggio e riflessivo...» poi da una vocina acuta e sottile emerse un “nonna” pronunciato, nel buio della notte, dalla nipotina della signora Veronica.
«Un attimo solo caro che sistemo la bambina.»
Non amava essere chiamata nonna in pubblico, tutti in paese sapevano che aveva quattro nipoti, ma non le andava di sentir pronunciare la parola “nonna”: la turbava, le rovinava quello stato di grazia a cui giungeva grazie a quello che credeva essere il suo aspetto impeccabile. Marcello la vide scomparire, poi fissò gli occhi sulla luce verde del suo telefono cellulare, scorrendo la rubrica si fermò sul numero di Giovanna; avrebbe voluto chiamarla chiederle qualsiasi cosa.
«Allora.. dove eravamo rimasti?» La signora Veronica si era riportata al fianco di Marcello e, con un fare suadente aveva allungato la mano sullo schermo da tre pollici del telefono sino a coprirne totalmente la luminescenza e i numeri.
«Non disturbiamo chi vuole essere lasciata in pace.» la signora ripose il telefonino nella tasca anteriore dei pantaloni di Marcello, il quale restò in silenzio anche quando la signora gli disse:
«Metto mio marito a nanna.»
Era come aver staccato un assegno in concessionaria, oramai era fatta, bisognava solo attendere che arrivasse il colore che si era scelto; in magazzino avevano due vetture rosse e una gialla, ma a Marcello sembrava assurdo andare in giro con una macchina rossa o gialla, la voleva grigia la sua FiatPunto. Veronica ritornò in un lampo, e senza dover attingere ulteriormente al suo repertorio di frasi maliziose, schioccò un bacio sulle labbra di Marcello risucchiandolo aldilà del guardrail. La signora iniziò a svestirsi con una rapidità doppia rispetto a quella del ragazzo, quando Marcello si accorse di cosa stava succedendo, il vestito a tubino giaceva sulle foglie morbide dei noccioli e di fronte a lui si parava una donna nuda e completamente adornata d'oro e di brillanti. In pochi secondi Marcello venne colpito dalla furia delle tette brune della donna assaporandone il gusto alla vaniglia e costatando i solchi sottili delle rughe del petto.
La FiatPunto che voleva non era arrivata, c'era stato un problema con il colore, avrebbe dovuto accontentarsi di una delle due autovetture, la rossa per la precisione, inoltre, in quel modello, non vi erano gli alzacristalli elettrici posteriori e le dotazioni erano quelle di base, ma a Marcello sembrò inutile aspettare per una cosa che tanto non poteva permettersi, così chiuse gli occhi e si abbassò i pantaloni.
I fuochi iniziarono a esplodere nel cielo, da prima i rombi delle esplosioni squarciarono il silenzio della valle, poi i lampi verdi, rossi, azzurri e dorati illuminarono l'oscurità della montagna. Marcello vedeva i colori psichedelici dei fuochi d'artificio riflessi nella pelle bruna della signora che intanto tratteneva i suoi mugolii strozzando sul nascere tutti quei lamenti di desiderio che sperava potevano esplodere da un momento all'altro.
La bambina urlava: «NONNA NONNA I FUOCHI I FUOCHI»
La signora Veronica rispondeva con dei lunghi “SSSSSIIIII SSSSSIIIII” trattenendo la rabbia per quei nonna pronunciati ai quattro venti.
Poi il telefono di Marcello si accese in un canto stonato.
«Giovanna» disse il ragazzo, scostandosi con un balzo all'indietro dal corpo vibrante e rispondendo di getto all'aggeggio che suonava nel rumore assordante dei fuochi s'artificio.
«Ficardo Marcello… Ficardo Marcello» una voce sovrastata dalla confusione e dai botti pronunciava il nome di Marcello come davanti a migliaia di persone «Complimenti, complimenti lei ha vinto una Crociera per due nel Medite...»
La signora Veronica strappò via il telefono dalle mani molli di Marcello interrompendo la comunicazione, nelle zampe di gallina i colori del cielo si riproducevano in nuove evoluzioni pirotecniche, un sorriso si allargò sul volto del ragazzo, non era una FiatPunto, ma aveva vinto una Crociera nel Mediterraneo, una crociera per due.
Per due cazzo.



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