Ogni anno comprava un biglietto della lotteria alla festa dell'Assunta, ogni anno sperava di vincere quella cazzo di FiatPunto, ma quest'anno le cose erano cambiate. Il tipo al banchetto che staccava i tagliandi gli aveva illustrato i premi con un entusiasmo modesto:
1
Viaggio crociera nel Mediterraneo;
2
Televisore LCD;
3
Viaggio a San Giovanni Rotondo (FG);
4
Prosciutto crudo KG 3.
L'aveva
preso lo stesso il biglietto, anche senza la FiatPunto
la lotteria gli
sembrava un modo intelligente di spendere le proprie speranze, serie
AF 4723, aveva lasciato nome: Marcello, cognome: Ficardo, e il
numero del cellulare.
La
luminaria tingeva la folla di un colore caldo e tendente al rosso, un
vecchio cantante intratteneva un pubblico di montanari apatici e
abitudinari. Marcello aveva voglia di divertirsi, di passare quella
sera senza essere inondato dal ricordo di Giovanna. Quella sera aveva
voglia di sperare, di credere nella fortuna, di credere che quei tre
euro per il biglietto della lotteria non erano stati spesi male.
Il
viadotto dell'autostrada sovrastava le casette ammassate tra il letto
del fiume in secca e la montagna; una serie sconfinata di balconate
con ferri sporgenti conferiva al paesaggio un'aria di decrepita
precarietà. Le case lungo il corso erano quasi tutte disabitate,
seconde e terze case costruite per occupare spazi che una volta erano
a appannaggio di porcospini e cinghiali. Litri di profumo scadente si
miscelavano all'odore di sudore generando un puzzo nauseabondo che si
spargeva nell'aria viaggiando appaiato alle nubi di fritto e alle
fumate bianco cenere delle sigarette.
La
FiatPunto
era stata eliminata; la crisi, il fatto che gli incentivi statali non
c'erano più e il conseguente calo delle vendite in concessionaria,
aveva costretto la signora Veronica – la benefattrice della
concessionaria Fiat – a sospendere quella generosa donazione alla
Madonna. Il tipo che staccava i biglietti tentava di spiegare a
Marcello che la signora Veronica aveva comunque provveduto agli altri
premi, ma che le era stato impossibile compiere lo "sforzo"
dell'automobile.
La
coda al banchetto andava ingrossandosi, mancavano poco meno di 30
minuti alla chiusura delle vendite dei numeri e qualche contadino con
le banconote arricciate in un mazzo voluminoso e sporco, tenuto unito
da un elastico, tentava la sorte comprando intere serie di tagliandi.
Marcello
guardava la patetica esibizione dei musicisti buttando l'occhio su
qualche ragazza agghindata come una vacca da fiera, erano tutte in
cerca di buona sorte o almeno di qualche onesto lavoratore. Sul palco
il cantante pronunciava in continuazione il nome del paese con
un'accento emiliano-romagnolo che rendeva incomprensibile a molti il
riferimento geografico. I membri della band erano tutti avanti con
gli anni per quel mestiere; dalle camicie nere e vinaccia, attillate
sui fianchi, spuntavano pance trattenute a stento dai bottoni in
finta madreperla. Il bassista provava a scuotere la testa nell'aria
senza riuscire a smuovere i pochi capelli che campeggiavano su di una
pelata cotta dal sole. Erano arrivati all'ultima canzone e sul palco
li raggiunse l'impresario della lotteria dell'Assunta con l'urna dei
biglietti.
Marcello
oramai stava risalendo a ritroso il corso facendosi largo tra gli
spettatori, aveva perso interesse per i premi e l'intento di
scordarsi almeno per una sera di Giovanna era naufragato nel profumo
scadente delle donne accalcate dinnanzi al palco della festa. Non era
mai stato in crociera e non era proprio sicuro di volerci andare. Il
biglietto, che sino a quel momento aveva stretto in mano come a
dimostrare una sorta di attaccamento emotivo, l'aveva già riposto
nel taschino della camicia. Era diretto alla terrazza dei noccioli,
ci era sempre andato con Giovanna; una volta avevano portato con loro
anche la madre di lei, era un posto tranquillo, da dove si poteva
godere in santa pace dei fuochi d'artificio che avrebbero chiuso la
festa e disperso la calca di contadini e paesani. Ripensando all'anno
passato rimpiangeva di non aver stretto abbastanza a sé Giovanna, di
non averle detto che l'amava, di non averla baciata o almeno di non
essersela scopata qualche volta in più. Quando giunse in cima si
accorse di essere da solo, sporgendosi oltre il guardrail di ferro
zincato, che divideva il bosco di noccioli dalla provinciale, poteva
scorgere una fila ordinata di famiglie e bambini salire per prendere
posto. Una FiatBravo
rossa, segnata da un enorme adesivo pubblicitario della
concessionaria Figlioli, risaliva la provinciale a passo d'uomo.
Dall'auto discese la signora Veronica e il figlio Umberto con moglie
e figli, in macchina restava solo Tonio, il marito della signora
Veronica. La signora Veronica era stata una venditrice formidabile e
un instancabile oratrice, non smetteva mai di ripetere che grazie a
lei, grazie alle centinaia di FiatRitmo
che aveva venduto negli anni ottanta, l'avvocato Agnelli aveva
comprato Platini. Un anno, era il 1981, aveva ricevuto anche una
targa dalla Fiat in cui si attestava che la sua era la concessionaria
che aveva venduto il maggior numero di FiatRitmo
dell'intera penisola. Le cose però da qualche tempo non le andavano
più tanto bene. Tutto era iniziato coi produttori asiatici, TOYOTA e
HYUNDAI in particolar modo, che gli avevano rubato una gran numero di
clienti e con il costo della benzina e con le tasse e con gli
acciacchi del marito.
La
signora Veronica era una donna sulla cinquantina, curatissima, sempre
attenta all'abbigliamento e orgogliosa del proprio aspetto; quella
sera sembrava una madonna sull'altare con il suo girocollo in oro
massiccio, i suoi orecchini di perla, i suoi anelli, le sue spille,
il suo cammeo e il suo fermacapelli d'oro e brillanti. Era
abbronzatissima, quasi color crema di nocciola, a guardarla da
lontano sembrava che tutto l'oro che aveva addosso camminasse da solo
nell'oscurità. Aveva un vestitino a tubetto con un abbondantissima
scollatura che lasciava spazio a sufficienza per lo spacco del seno e
per il vistoso girocollo in oro. I capelli erano corti, un ciuffo
appena più lungo le calava sulla fronte trattenuto però da quel suo
grosso fermaglio simile ad una coroncina di brillanti. La signora
Veronica aveva la stessa età della madre di Marcello, non erano
propriamente amiche ma a volte si intrattenevano parlando dei
rispettivi figli e di tutte quelle cose che due signore della stessa
età possono avere in comune, anche se, fatta eccezione per quelle
similitudini superficiali, per il resto erano diverse in tutto.
«Beh
e tu che ci fai tutto solo qui a guardare i fuochi?»
fece la signora Veronica accorgendosi che Marcello la fissava «Che,
hai litigato con la fidanzata?»
«Signora..
buona sera»
fece Marcello «a volte è meglio starsene un po da soli.»
Marcello
cercò di essere il più gentile possibile provando a sottrarsi con
la vaghezza a quella domanda pettegola pronunciata con la
sfacciataggine di chi sa ma finge di non sapere.
«Bravo,
bravo; saggio e riflessivo...»
poi da una vocina acuta e sottile emerse un “nonna” pronunciato,
nel buio della notte, dalla nipotina della signora Veronica.
«Un
attimo solo caro che sistemo la bambina.»
Non
amava essere chiamata nonna in pubblico, tutti in paese sapevano che
aveva quattro nipoti, ma non le andava di sentir pronunciare la
parola “nonna”: la turbava, le rovinava quello stato di grazia a
cui giungeva grazie a quello che credeva essere il suo aspetto
impeccabile. Marcello la vide scomparire, poi fissò gli occhi sulla
luce verde del suo telefono cellulare, scorrendo la rubrica si fermò
sul numero di Giovanna; avrebbe voluto chiamarla chiederle qualsiasi
cosa.
«Allora..
dove eravamo rimasti?»
La signora
Veronica si era riportata al fianco di Marcello e, con un fare
suadente aveva allungato la mano sullo schermo da tre pollici del
telefono sino a coprirne totalmente la luminescenza e i numeri.
«Non
disturbiamo chi vuole essere lasciata in pace.»
la signora ripose il telefonino nella tasca anteriore dei pantaloni
di Marcello, il quale restò in silenzio anche quando la signora gli
disse:
«Metto
mio marito a nanna.»
Era
come aver staccato un assegno in concessionaria, oramai era fatta,
bisognava solo attendere che arrivasse il colore che si era scelto;
in magazzino avevano due vetture rosse e una gialla, ma a Marcello
sembrava assurdo andare in giro con una macchina rossa o gialla, la
voleva grigia la sua FiatPunto.
Veronica ritornò in un lampo, e senza dover attingere ulteriormente
al suo repertorio di frasi maliziose, schioccò un bacio sulle labbra
di Marcello risucchiandolo aldilà del guardrail. La signora iniziò
a svestirsi con una rapidità doppia rispetto a quella del ragazzo,
quando Marcello si accorse di cosa stava succedendo, il vestito a
tubino giaceva sulle foglie morbide dei noccioli e di fronte a lui si
parava una donna nuda e completamente adornata d'oro e di brillanti.
In pochi secondi Marcello venne colpito dalla furia delle tette brune
della donna assaporandone il gusto alla vaniglia e costatando i
solchi sottili delle rughe del petto.
La
FiatPunto
che voleva non era arrivata, c'era stato un problema con il colore,
avrebbe dovuto accontentarsi di una delle due autovetture, la rossa
per la precisione, inoltre, in quel modello, non vi erano gli
alzacristalli elettrici posteriori e le dotazioni erano quelle di
base, ma a Marcello sembrò inutile aspettare per una cosa che tanto
non poteva permettersi, così chiuse gli occhi e si abbassò i
pantaloni.
I
fuochi iniziarono a esplodere nel cielo, da prima i rombi delle
esplosioni squarciarono il silenzio della valle, poi i lampi verdi,
rossi, azzurri e dorati illuminarono l'oscurità della montagna.
Marcello vedeva i colori psichedelici dei fuochi d'artificio riflessi
nella pelle bruna della signora che intanto tratteneva i suoi mugolii
strozzando sul nascere tutti quei lamenti di desiderio che sperava
potevano esplodere da un momento all'altro.
La
bambina urlava: «NONNA NONNA I FUOCHI I FUOCHI»
La
signora Veronica rispondeva con dei lunghi “SSSSSIIIII SSSSSIIIII”
trattenendo la rabbia per quei nonna pronunciati ai quattro venti.
Poi
il telefono di Marcello si accese in un canto stonato.
«Giovanna»
disse il
ragazzo, scostandosi con un balzo all'indietro dal corpo vibrante e
rispondendo di getto all'aggeggio che suonava nel rumore assordante
dei fuochi s'artificio.
«Ficardo
Marcello… Ficardo Marcello»
una voce sovrastata dalla confusione e dai botti pronunciava il nome
di Marcello come davanti a migliaia di persone «Complimenti,
complimenti lei ha vinto una Crociera per due nel Medite...»
La
signora Veronica strappò via il telefono dalle mani molli di
Marcello interrompendo la comunicazione, nelle zampe di gallina i
colori del cielo si riproducevano in nuove evoluzioni pirotecniche,
un sorriso si allargò sul volto del ragazzo, non era una FiatPunto,
ma aveva vinto una Crociera nel Mediterraneo, una crociera per due.
Per
due cazzo.
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