giovedì 22 aprile 2010

Pesaro



















La circolare sinistra sarebbe passata di lì a poco, almeno così gli orari stampati e protetti dal plexiglas sembravano farmi sperare. Sulla colonnina della fermata i disegni dettagliati dell'apparato genitale maschile  però, sembravano essere sintomo di lunghe attese passate.  A giudicare dalla dovizia con cui era stato tracciato il netto solco dell'uretra, c'era da stare poco tranquilli; chi prima di me aveva atteso l'autobus l'aveva fatto sin troppo a lungo. L'ignoto  disegnatore m'aveva quasi fatto rassegnare all'idea che di bus non ne avrei visti tanti, così, fattomi carico della mia stanchezza, iniziai a camminare.
Sul ciglio interno della provinciale c'era un locale; una discoteca di seconda categoria, un locale più per una riviera industriale che marittima. Entrai nel parcheggio sperando di incontrare qualcuno diretto in città.
- Dove vai ? - una voce decisa che tradiva squillò dal nulla -
Mi voltai, riuscendo ad individuare la provenienza di quel monito: sbucava dritto dalla fessura di un finestrino lasciato aperto a mo' di canna fumaria, da un uomo adagiato nella sua Ford.
- Ciao - feci io cercando di mostrarmi tranquillo - stavo cercando qualcuno diretto in città, mi daresti mica un passaggio?
Avanzai quella richiesta quasi a discolparmi d'essere l'unico uomo non motorizzato su quelle strade che parevano non conoscere altra battitura se non quella dei copertoni.
- Se aspetti ti ci porto io.
Il tipo, così come era comparso dal nulla ne disparve, scomparendo dietro alla coltre del suo finestrino offuscato dal fumo della sua cicca.
Restai ad attenderlo diligentemente al mio posto.
Clik  lo sportello passeggeri dell'auto s'apri e ne venne fuori un travestito che sfrusciando una mazzetta di banconote s'avviò verso l'ingresso del locale.
- Salta su che andiamo - disse quasi in contemporanea, l'uomo della Ford -
Restai un attimo impalato, scettico sul da farsi, ma poi decisi per il passaggio.
In macchina non parlammo, ogni tanto l'uomo mi rivolgeva qualche sguardo come a sondare il mio aspetto. Pensai a tante cose, al fatto che la gente va a troie, a trans, a travestiti, se lo fa mettere in culo e tante altre cose, ripensai a quel disegno sulla tabella degli orari, allo sfrego delle dita smaltate sulla carta rigida di quelle banconote, ma poi l'uomo parlò.
- Jejé è la mia fidanzata, non è una puttana.
Ecco - pensai -  sono nella merda assoluta, sono in macchina con uno di quei pervertiti schifosi; vorrà fermarsi tra questi capannoni deserti e chiedermi un "biglietto" speciale per questo cazzo di passaggio.
- Non sono frocio, ho una moglie due bambine, ma Jejé è speciale, lui, o lei, mi ama.
Non c'era bisogno di giustifiche, anche perché la stazione era lì, a un tiro, e io stavo per scomparire dalla sua vita, portando con me ciò che avevo visto.
- Io scendo - dissi - sono arrivato.
- Buon viaggio.
Entrai in stazione cercando di non ripescare dalla mente niente che potesse avere a che fare con quell'incontro. Mi guardai intorno e fui rassicurato dall'essere circondato da facce sconosciute.

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